Non è morto per la scarica del taser usato dai due carabinieri indagati ma per uno “scompenso cardiaco in cardiopatia ischemica in presenza di stent coronarico”: l’ha stabilito Salvatore Lorenzoni, consulente della procura di Tempio Pausania, nel sassarese, ipotizzando che ad uccidere il 57enne Gianpaolo Demartis sia stato un infarto legato all’assunzione di sostanze stupefacenti che, a loro volta, hanno causato un innalzamento di pressione.

 Un aspetto, questo, che sarà chiarito nei prossimi giorni dall’esame tossicologico. “Da segnalare inoltre emorragia subaracnoidea ed edema cerebrale”, scrive ancora Lorenzoni, “anche questi verosimilmente dotati di un ruolo letifero e imputabili sia al trauma cranico che al rialzo pressorio, a sua volta correlabile all’assunzione di droga e allo stato di agitazione psicomotoria”. 

Il 57enne originario di Bultei, residente tra Sassari e Olbia, è morto nella serata di sabato 16 agosto dopo essere stato fermato con il taser dai carabinieri mentre si trovava in stato di forte agitazione a Olbia, dopo la segnalazione di alcuni passanti da lui importunati. Aveva anche ferito un carabiniere che tentava di calmarlo. Era morto in ambulanza durante il trasporto in ospedale: sull’episodio indaga la procura di Tempio Pausania, che ha aperto un fascicolo per omicidio colposo. Due militari del reparto operativo di Olbia risultano attualmente iscritti nel registro degli indagati: si tratta del capo scorta, rimasto ferito al volto durante l’intervento, e del collega che ha utilizzato il dispositivo elettrico.

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