Alessia Pifferi era pienamente capace di intendere e volere al momento dei fatti. Lo ha stabilito la perizia disposta nel processo di secondo grado a Milano a carico della donna, condannata all’ergastolo per omicidio volontario aggravato in primo grado per aver lasciato morire di stenti la figlia Diana di meno di un anno e mezzo nel luglio 2022, lasciandola sola in casa per sei giorni.
Una perizia psichiatrica nel primo processo aveva già accertato che la 40enne era capace di intendere e volere e, poi, su istanza della difesa la Corte d’Assise d’appello ha affidato a tre esperti un nuovo accertamento.
A fine febbraio nel processo d’appello, la Corte (giudici togati Caputo e Anelli), accogliendo l’istanza della legale Alessia Pontenani, avevano affidato il nuovo accertamento allo psichiatra Giacomo Francesco Filippini, alla neuropsicologa Nadia Bolognini e al neuropsichiatra infantile Stefano Benzoni.
Nelle conclusioni della perizia, da quanto si è saputo, gli esperti confermano la piena capacità di intendere e di volere al momento dei fatti della donna. I periti, da quanto si è appreso, hanno individuato un disturbo della donna relativo al periodo dell’infanzia, ma che non ha influito, stando all’analisi, sulla capacità di intendere e volere. La stessa Procura generale, con l’avvocato generale Lucilla Tontodonati, si era opposta all’istanza difensiva di nuova perizia, non necessaria dopo la prima valutazione di piena capacità.
Nessuno vizio di mente, dunque, come già aveva accertato lo psichiatra Elvezio Pirfo nel processo finito con la condanna all’ergastolo, come chiesto dal pm Francesco De Tommasi che ha sempre sostenuto, come deciso in sentenza, che la donna consapevolmente aveva abbandonato la figlia in casa per sei giorni, solo con un po’ di latte e acqua, per andare a trascorrere un lungo fine settimana col compagno, non il padre della piccola.
Il 24 settembre, davanti alla Corte, ci sarà la discussione in aula degli esperti sull’esito degli accertamenti, alla presenza dei consulenti delle parti, e il 22 ottobre il processo d’appello potrebbe arrivare a sentenza. Col riconoscimento dell’assenza di vizi di mente, la donna rischia la conferma dell’ergastolo, se non le saranno concesse attenuanti. La difesa ha sempre sostenuto che la donna fosse affetta da un “disturbo cognitivo”, un deficit mentale. “Se dichiarassero l’incapacità
non ci crederei”, aveva commentato fuori dall’aula la sorella Viviana Pifferi, parte civile contro Alessia nel processo, assieme alla madre e nonna di Diana, rappresentate dall’avvocato Emanuele De Mitri.
Intanto, l’11 settembre si torna davanti al gup per il procedimento, un filone bis del caso, a carico dell’avvocata Pontenani, di quattro psicologhe e di Marco Garbarini, psichiatra e consulente della difesa, su una presunta attività di “manipolazione” per aiutare Pifferi ad ottenere la perizia in primo grado e su un ipotizzato tentativo di indirizzare l’esito verso un “vizio parziale di mente”.