Sono più di 55 milioni i casi di demenza stimati nel mondo e la malattia di Alzheimer è la forma più comune. In Italia sono circa 2 milioni le persone con disturbo neuro cognitivo maggiore o declino cognitivo lieve, e circa 4 milioni sono i loro familiari. Numeri per i quali si prevede in un futuro prossimo un aumento esponenziale, legato all’allungamento della vita media. Far fronte a questa emergenza è per l’Oms una priorità di sanità pubblica e gli sforzi si concentrano innanzitutto sulla prevenzione, oltre che sulla ricerca di terapie in grado di modificare il decorso della malattia: un obiettivo inseguito da 30 anni, finora senza successo. 

Come prevenire o ritardare la malattia

Ma giocare d’anticipo contro la demenza si può: secondo uno studio pubblicato in agosto su ‘The Lancet’, intervenendo su 14 fattori di rischio modificabili si potrebbe prevenire o ritardare quasi la metà dei casi. Lo sottolinea l’Istituto superiore di sanità, in occasione della Giornata mondiale Alzheimer del 21 settembre.       

I fattori di rischio

Diabete, colesterolo, ipertensione, fumo, obesità, inquinamento atmosferico, traumi cranici, depressione, attività fisica, assunzione di alcol, anni di educazione/scolarità e attività cognitiva continua, prevenzione e trattamento della perdita di udito, trattamento della perdita della vista, interazione sociale: queste le 14 leve della prevenzione anti-demenze individuate dalla letteratura scientifica internazionale, ricordano gli esperti dell’Osservatorio Demenze dell’Iss.     

“Quella legata alle demenze è una delle più grandi e complesse sfide per i sistemi sanitari mondiali – afferma Nicola Vanacore, direttore dell’osservatorio – L’aumento dei casi associato alla storia naturale della malattia, caratterizzata da declino progressivo delle funzioni cognitive, disturbi psico-comportamentali e conseguente progressiva  perdita dell’autonomia, obbligano a considerarla una priorità”.

La situazione nel nostro Paese

L’Italia – fa il punto l’Iss – già dal 2015 si è dotata di un Piano nazionale demenze che definisce strategie per la promozione e il miglioramento della qualità e dell’appropriatezza degli interventi assistenziali. Nel 2021 è stato formalizzato un Tavolo permanente per le demenze, coordinato dal ministero della Salute con il supporto dell’Osservatorio demenze dell’Iss. La legge di Bilancio 2021 ha finanziato per la prima volta con 15 milioni di euro per il triennio 2021-2023 un Fondo per l’Alzheimer e le demenze, e la legge di Bilancio 2024 ha destinato 4,9 milioni di euro per il 2024 e 15 milioni per ciascuno degli anni 2025 e 2026 per rifinanziarlo.   

Le strategie di intervento

Le linee strategiche del nuovo decreto del ministero della Salute si articolano in attività da mettere in campo, avvalendosi dell’Iss, su 8 specifici obiettivi che vanno dalla diffusione e implementazione della Linea guida su diagnosi e trattamento di demenza e declino cognitivo  lieve, appena pubblicate sul sito dell’Osservatorio Demenze Iss, alle strategie di promozione della prevenzione primaria e secondaria, alla  definizione di un Piano di formazione nazionale e alle sperimentazioni per valutare la possibile efficacia di interventi di tele-riabilitazione. Si prevede anche l’aggiornamento del Piano nazionale demenze e si punta anche sul monitoraggio dei percorsi diagnostici terapeutici assistenziali (Pdta) dedicati alle demenze e della rete dei servizi dedicati.   

Le attività dell’Osservatorio Demenze dell’Iss si inseriscono in un ampio contesto di iniziative condotte a livello internazionale sotto il coordinamento dell’Organizzazione mondiale della sanità, oltre che nell’ambito di azioni messe in campo a livello europeo. In particolare, l’Oms e l’Osservatorio Demenze hanno firmato lo scorso 27 maggio un memorandum d’intesa triennale con cui è stata formalizzata una stretta collaborazione finalizzata a migliorare i modelli di assistenza per un invecchiamento in salute.

La ricerca

La ‘caccia’ a un farmaco anti-Alzheimer dura da più di 30 anni, prosegue l’Iss. Negli ultimi 2 decenni, enormi sforzi economici hanno permesso di indagare terapie altamente innovative, con l’obiettivo di individuare molecole capaci di modificare la storia naturale della malattia (Disease-Modifying Therapies). Allo stato attuale tuttavia, nessun farmaco disponibile riesce a interferire con la progressione della demenza.   

Due anticorpi monoclonali diretti contro le diverse forme di aggregati amiloidei che si accumulano nel cervello dei malati sono stati approvati dalla Food and Drug Administration (Fda) per la commercializzazione negli Stati Uniti; uno di questi è stato approvato anche nel Regno Unito. L’Agenzia europea dei medicinali (Ema) ha invece rifiutato per questi farmaci l’autorizzazione alla immissione in commercio in Europa. Le molecole sperimentate, infatti, pur presentando capacità di rimozione delle placche amiloide e a livello cerebrale, hanno mostrato una minima efficacia, nelle prime fasi della malattia, nel rallentare il declino cognitivo, con ricadute funzionali scarsamente quantificabili, a fronte della segnalazione di eventi avversi talvolta gravi. Il dibattito in sede scientifica, regolatoria e delle associazioni dei familiari a livello internazionale è acceso, soprattutto in relazione al diverso atteggiamento tenuto dagli enti regolatori Usa e Uk, rispetto a quelli europei.   

Un ambito di ricerca parallelo riguarda poi terapie già in commercio per il trattamento di altre patologie. Questi farmaci, sulla base di una plausibilità biologica, sono sperimentati con lo scopo di testarne la capacità di rallentare la progressione di demenza o di conversione da declino cognitivo lieve o medio a demenza, intervenendo sui principali fattori di rischio noti, come quelli cardiovascolari e metabolici.

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