È stata assolta, “per non avere commesso il fatto”, Maysoon Majidi, l’attivista curda di 29 anni in fuga dall’Iran che era stata arrestata il 31 dicembre del 2023 con l’accusa di essere una scafista, dopo essere sbarcata sulla costa di Roccella Jonica. La sentenza di assoluzione è stata emessa dal Tribunale di Crotone, presieduto da Edoardo D’Ambrosio. Alla lettura della sentenza la giovane è scoppiata in un pianto di gioia insieme al fratello Razhan, che le era al fianco, insieme al suo difensore, l’avvocato Giancarlo Liberati. Nell’ottobre scorso lo stesso Tribunale aveva già rimesso in libertà la giovane ritenendo cessate le esigenze cautelari.

Maysoon era già stata liberata, dopo 300 giorni di carcere, a fine 2024 dopo che alcune testimonianze avevano reso, secondo la difesa, evidente l’estraneità all’accusa. Lei si è sempre difesa, sostenendo di essere una regista fuggita al regime degli ayatollah. A scagionarla anche colui che realmente secondo alcune testimonianze governava la nave, costretto dai trafficanti di esseri umani a farlo. In aula ha confermato che la 28enne era una passeggera come le altre. Così hanno detto anche una madre e una figlia che quel giorno erano a bordo. I giudici avevano così sospeso la misura cautelare. La giovane regista, in carcere aveva portato avanti uno sciopero della fame. È diventata, nel frattempo, cittadina onoraria di Riace: il sindaco, ed europarlamentare, Domenico Lucano, è sempre stato presente alle udienze.
 

“Finalmente oggi si chiude una persecuzione durata oltre un anno, di una giovane attivista che aveva chiesto protezione e invece si è ritrovata a lungo in carcere, in un processo con l’accusa di scafista”. Così Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International, commenta a caldo la notizia dell’assoluzione dell’attivista curdo-iraniana. Continua Noury: “C’è quindi grande soddisfazione perché tutto questo oggi è terminato. Restano però i problemi di fondo. Primo, il Testo unico sull’immigrazione, che confonde la figura dello scafista con quello del trafficante – sapendo bene che i trafficanti stanno sulla terra ferma – e poi quest’ansia performativa del cosiddetto decreto Cutro, che chiede di combattere gli scafisti attraverso l’orbe terracqueo, che ha fatto sì che Majidi finisse in questo incubo. Restano tutti lì quindi i problemi legislativi e politici che l’hanno portata in carcere nel Paese in cui aveva chiesto protezione internazionale”.

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