La serie dedicata al centrocampista inglese trascende i successi sportivi per raccontare le origini «proletarie» del campione fino alle nozze dorate con Victoria Adamas
La domanda è: chi non si intende di calcio, come il sottoscritto, potrà apprezzare una serie centrata su un ricco campione come Beckham? La risposta è sì, basta lavorare il tessuto sportivo con il carattere di questo eroe sex symbol che ha giocato su due tavoli, la famiglia (quattro figli con Victoria, una delle Spice girls) e i problemi del calcio che sono stati anche importanti, tanto da relegarlo a lungo, per un gesto d’ira, fra i calciatori più odiati dai tifosi. E la serie incontra tutti i veri attori della vita e carriera di Beckham, saltando spesso tra passato e presente. Ma è acqua molto passata, nel frattempo c’è stato un successo mondiale, la capacità di dettare la moda (taglio a zero dei capelli, oggi i sandali coi calzini), il furore dei paparazzi e dei gossip, peggio della coppia reale.
Ma soprattutto il centrocampista più famoso del mondo, candidato sei volte al Pallone d’oro e nella lista dei migliori giocatori del XX secolo, ha vissuto oltre 20 anni di gloria sui campi inglesi del Manchester, col quale vince 12 trofei, per passare poi al Real Madrid, al Milan, al GalaXy di Los Angeles, in una specie di squadra dilettante (con giardinieri e pulitori di piscine) e infine al Paris Saint German, dove ottiene l’ultima vittoria nel 2013. A 48 anni, sfoderando il più smagliante e malinconico sorriso, David Robert Joseph Beckam, che solo 16 enne, l’8 luglio 91, racconta che firmò il contratto con il Manchester United, affidato dal primo al secondo papà l’allenatore.
Una serie biografica riuscita, in 4 puntate a lui intitolate, di oltre un’ora ciascuna, su Netflix, in cui si mescolano vita privata e da calciatore, con alcuni dei migliori momenti della vita da goal in campo, anche il famoso sgambetto al collega argentino che gli procurò guai senza fine. E non si nasconde quasi nulla, secondo accordi col miliardario eroe dello sport e del marketing. E’ stato icona dei goal, dei calci di rigore e di una famiglia, il Manchester, cui il padre lo consegnò giovanissimo dopo averlo allenato nel giardino di casa coi tiri d’angolo. Nato a Londra il 2 maggio 75, Beckham viene da una famiglia umile, papà verniciatore e mamma parrucchiera, come un film di Ken Loach: nessuno avrebbe intuito in quel biondino il ragazzo di 1 metro e 82 che avrebbe giocato 100 partite con l’Inghilterra, di cui 59 da capitano.
La rivista Time lo definì nel 2004 icona dell’anno e fa specie oggi sentirlo raccontarsi apparentemente senza emozioni, ma ricordando con precisione i particolari di ogni sfida. Ed è curioso che Beckham, come racconta la moglie esausta da tanti traslochi in giro per il mondo, abbia una mania per l’ordine che è ossessiva compulsiva, girando sera e notte per grande villa presso Londra detta Beckingham Palace, a pulire le candele e riporre gli oggetti fuori posto, facendo risplendere gli acciai della cucina, su cui si diverte a grigliare la carne, come neanche nel più furioso spot. E si prepara i vestiti da indossare con una settimana di anticipo: eppure se possiede, come dicono, 190 milioni di sterline, si potrebbe permettere un esercito di servitori. Sicuramente è un personaggio, solo per il fatto del salto in alto sociale, arrivando ad essere, ovunque si trasferisse, il re del luogo e fraternizzando con i divi di Hollywood come Tom Cruise.
E’ sposato dal 4 luglio 99 con la cantante Victoria Adams (luna di miele anche in casa di Webber, il re del musical) che ha subìto ogni partita, ogni allenamento, ogni trasferta del marito. Ci sono state frizioni, in casa e sul campo, aspri rapporti con gli allenatori e qualche volta l’essere rimasto in panchina è stato per lui molto doloroso, come l’espulsione con cartellino rosso dai mondiali nel 98. Certo il ritiro, così a lungo rimandato, l’ha fatto diventare un altro, dopo 394 partite e 85 goal e infatti la serie si chiude sulle immagini da super 8 di papà Beckham che fa una partitella col figlio in giardino. Si racconta tutto, mentre non si tocca il tema dei soldi, specie riferito a quando Beckham fu scelto come ambasciatore dei mondiali in Qatar lo scorso anno: e in passato il nostro si era detto fiero di essere icona gay, mentre nel Qatar l’omosessualità è punita in modo feroce. Ma si dice che il mestiere del calcio contiene adrenalina e forse anche un pizzico di follia che mette in conto pure le lapidazioni e le resurrezioni, sempre nel grido delle folle.
18 ottobre 2023 (modifica il 18 ottobre 2023 | 12:09)
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