“Dopo la sentenza di condanna, ho avuto uno choc e ho perso la memoria” ha dichiarato nel corso dell’interrogatorio davanti ai carabinieri di Brescia Antonella Colossi, compagna di Giacomo Bozzoli e sentita come persona informata sui fatti. La donna ha riferito di aver dormito con il compagno e il figlio a Cannes dopo aver lasciato l’Italia e di aver perso il telefono cellulare proprio durante il soggiorno in Costa Azzurra. Poi ha aggiunto: “Fino alla sera della sentenza io, Giacomo e nostro figlio siamo stati insieme. Non so che fine abbia fatto Giacomo mentre io e mio figlio siamo tornati in Francia con un passaggio in auto e poi mi sono ritrovata su un treno per Milano” ha fatto verbalizzare la compagna del condannato per l’omicidio dello zio Mario. Tanti i “non so” e “non ricordo” della donna pronunciati davanti ai militari.

Sono ormai divisi, quindi, i destini di Giacomo Bozzoli e della compagna e del figlio. Sono stati i genitori di lei a chiamare i carabinieri per avvisare che la donna e il bambino avevano fatto rientro in Italia, poco dopo le 14. Spiegano fonti giudiziarie che la compagna di Bozzoli, in quanto convivente e legata sentimentalmente al fuggitivo, non risponderà dell’accusa di favoreggiamento. Giacomo è ancora ricercato soprattutto in Spagna.

Sono ore cruciali, quindi, che cercano di ricostruire l’iter seguito dal fuggitivo 39enne, latitante da lunedì dopo esser stato condannato in via definitiva all’ergastolo per l’omicidio dello zio. Secondo le ricostruzione, la famiglia ha trascorso dal 20 al 30 giugno una vacanza in un albergo a Marbella, in Spagna. Il 1° luglio, in un altro albergo nella stessa località spagnola, è risultato registrato solo il passaporto di lei mentre Giacomo, probabilmente, dopo aver saputo della condanna definitiva all’ergastolo, ha proseguito la fuga altrove.

Gli inquirenti avevano annunciato di voler fare “terra bruciata” attorno al latitante, e così nelle ultime ore da Procura di Brescia e Tribunale sono stati disposti “accertamenti a strascico” con l’obiettivo di isolare il 39enne.

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L’istantanea della telecamera di videosorveglianza: il 22 giugno alle 17.47, la Maserati di Bozzoli transita a Soiano del Lago (Brescia)

La fuga e le tracce in Spagna

Sulla fuga sembrano esserci delle novità: risulterebbe una registrazione con il suo nome e cognome in un albergo spagnolo, dal 20 al 30 giugno. Giacomo Bozzoli, la compagna e suo figlio sono arrivati come turisti. Chi indaga sta cercando delle conferme di immagini video per vedere se sono effettivamente i due adulti ad aver dato alla reception i loro documenti: in caso affermativo, non potrebbe essere lui alla guida della Maserati rintracciata dalle telecamere la sera del 23 giugno. Bozzoli ha il passaporto scaduto quindi deve aver dato come documento la sua carta di identità, poi trasmessa dall’albergo alle forze dell’ordine (com’è prassi) e inserita nei database delle polizie europee. Dal giorno della sentenza non si sa più nulla. A casa della famiglia della compagna di Giacomo, Antonella, erano tutti stravolti dall’attesa, preoccupatissimi per lei e per il bambino, che compirà nove anni l’8 luglio.

Registrati due passaggi dell’auto, il 22 e il 23 giugno scorsi

L’auto di Giacomo Bozzoli è stata ripresa dalle telecamere di Soiano del Lago il 22 giugno scorso, alle ore 17.47. Si tratta della sera prima della data in cui è stata indicata la partenza del 39enne, della sua compagna e del loro figlio.

Alle 5.51 del 23 giugno è stato registrato un passaggio della Maserati Levante intestata a Giacomo Bozzoli dal portale di Manerba, in provincia di Brescia, due minuti più tardi da quello di Desenzano e uno successivo alle 6:03. Il 39enne condannato in via definitiva all’ergastolo si sarebbe dunque allontanato con compagna e figlio a bordo della propria vettura.

L'istantanea della telecamera di videosorveglianza: il 23 giugno alle 5.5, la Maserati di Bozzoli transita a Manerba Rainews

L’istantanea della telecamera di videosorveglianza: il 23 giugno alle 5.5, la Maserati di Bozzoli transita a Manerba

Nella villa di Soiano del Lago (Brescia) i carabinieri hanno sequestrato dispositivi informatici riconducibili alla coppia, così come sono stati sequestrati anche i cellulari ai parenti più stretti di Bozzoli e al suocero, padre della compagna.

Ricerche a tappeto

Giacomo è stato condannato per aver ucciso lo zio Mario l’8 ottobre 2015, gettando il suo corpo nel forno della fonderia di famiglia. Una fumata anomala, dopo le 19, aveva anche bloccato l’impianto. Sei giorni dopo Giuseppe Ghirardini, addetto al forno, si è suicidato con una pillola di cianuro: per la procura era il complice di Giacomo.

“Qualunque cosa abbia architettato per avere un futuro da uomo libero, la vedo complicata” ha affermato uno degli investigatori intervistato dal Corriere della Sera. “Le possibilità di farcela sono scarse, tendenti a zero”, ha affermato.

Già in primo grado e in appello a Brescia era stato condannato all’ergastolo. Negli ultimi nove anni, Bozzoli è rimasto in libertà e non ha seguito l’udienza a Roma, mentre in tribunale era presente il padre Adelio. È stato lo stesso genitore a dire che il figlio ha aspettato l’udienza nella sua abitazione sul lago di Garda, ma quando i carabinieri sono arrivati lì non lo hanno trovato. La casa era vuota. Le ricerche sono scattate immediatamente.

Lo zio: 9 anni per pianificare la fuga

“Anche se è mio nipote, ha sbagliato: deve pagare. Non è perché gli hanno dato l’ergastolo siamo felici. Perché Mario comunque non torna”: ha dichiarato lo zio paterno di Giacomo, Andrea Ronchini. “La fuga di Giacomo? Ha avuto nove anni per studiare tutto” racconta convinto l’uomo residente a Marcheno (Brescia).

La vicenda

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Giacomo avrebbe aggredito lo zio vicino ai forni ma poi avrebbe affidato il “compito” di gettare il corpo nella fonderia a un dipendente dell’azienda, Giuseppe Ghirardini. Quest’ultimo svanirà nel nulla a sua volta sei giorni dopo la scomparsa di Bozzoli. Il corpo senza vita dell’operaio verrà trovato il 18 ottobre 2015 nei boschi di Case di Viso, ucciso da una capsula di cianuro rinvenuta nello stomaco.

Nella serata dell’8 ottobre 2015, si è ricostruito, la vittima fece l’ultima telefonata, alla compagna, intorno alle 19:15. Si parlava di una cena in una trattoria vicino a casa. Alle 19:18 si verificò una fumata anomala nel forno grande della fonderia: è in quel momento che il corpo di Mario Bozzoli sarebbe stato dato alle fiamme. Già dal giorno successivo alla sua scomparsa, si iniziò a pensare all’omicidio. Ghirardini nelle carte della Corte d’assise d’appello di Brescia viene indicato come l’unica di due persone che, oltre a Giacomo, gravitavano intorno al “ristretto ambito spaziale e temporale” dell’omicidio. E a casa sua furono trovati 5mila euro in contanti: potrebbero essere il compenso per la sua partecipazione alla distruzione del cadavere. L’altro nome fatto è quello di Oscar Maggi: le indagini a suo carico si sono chiuse da poco e a breve la Procura chiederà il rinvio a giudizio per concorso in omicidio.

Il movente

Secondo i giudici dell’appello, nel 2022, Giacomo Bozzoli sarebbe l’unica persona in cui “è risultato coesistere, unitamente all’odio ostinato e incontenibile (…) nei confronti della vittima, anche l’interesse economico per ucciderla, riconducibile agli interessi societari e familiari”. Lo zio era “colpevole a suo avviso” di guadagnare dalla società di famiglia alle spalle degli altri componenti e di intralciare i suoi affari.

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