Gli inquirenti avevano annunciato di voler fare “terra bruciata” attorno al latitante Giacomo Bozzoli, scomparso dopo essere stato definitivamente condannato all’ergastolo per l’omicidio dello zio Mario. E così nelle ultime ore da Procura di Brescia e Tribunale sono stati disposti “accertamenti a strascico” con l’obiettivo di isolare il 39enne in fuga con moglie e figlio.

 

Le tracce in Spagna

Sulla fuga sembrano esserci delle novità: risulterebbe una registrazione con il suo nome e cognome in un albergo spagnolo, dal 20 al 30 giugno. Giacomo Bozzoli, la sua compagna e suo figlio sono arrivati come turisti. Chi indaga sta cercando delle conferme di immagini video per vedere se sono effettivamente i due adulti ad aver dato alla reception i loro documenti: in caso affermativo, non potrebbe essere lui alla guida della Maserati rintracciata dalle telecamere la sera del 23 giugno. Bozzoli ha il passaporto scaduto quindi deve aver dato come documento la sua carta di identità poi trasmessa dall’albergo alle forze dell’ordine (com’è prassi) e inserita nei database delle polizie europee. 

Dal giorno della sentenza non si sa più nulla dell’uomo. A casa della famiglia della compagna di Giacomo, Antonella, sono tutti stravolti dall’attesa. Preoccupatissimi per lei e per il bambino, che compirà nove anni l’8 luglio: una data che fa pensare alla possibilità che il condannato voglia festeggiare in libertà l’ultimo compleanno del piccolo prima di una vita in carcere. 

Registrato un passaggio dell’auto lo scorso 23 giugno

Alle 5.51 del 23 giugno è stato registrato un passaggio della Maserati Levante intestata a Giacomo Bozzoli dal portale di Manerba, in provincia di Brescia, due minuti più tardi da quello di Desenzano e uno successivo alle 6.03. Il 39enne condannato in via definitiva all’ergastolo si sarebbe dunque allontanato con moglie e figlio a bordo della propria vettura. 

Nella villa di Soiano del Lago (Brescia) i carabinieri hanno sequestrato dispositivi informatici riconducibili alla coppia, così come sono stati sequestrati anche i cellulari ai parenti più stretti di Giacomo Bozzoli e al suocero, padre della compagna dell’uomo in fuga. 

Il suocero del latitante: “Mi aveva detto che andavano in vacanza” 

Ricerche a tappeto

Giacomo ha ricevuto la condanna per aver ucciso lo zio Mario Bozzoli l’8 ottobre 2015 gettando il suo corpo nel forno della fonderia di famiglia. Una fumata anomala, dopo le 19, aveva anche bloccato l’impianto. Sei giorni dopo l’omicidio Giuseppe Ghirardini, addetto al forno, si è suicidato con una pillola di cianuro. Per la procura era il complice di Giacomo. 

“Qualunque cosa abbia architettato per avere un futuro da uomo libero, la vedo complicata”, ha affermato uno degli investigatori intervistato dal Corriere della Sera. “Le possibilità di farcela sono scarse tendenti a zero”, ha affermato.

Già in primo grado e in appello a Brescia era stato condannato all’ergastolo. Negli ultimi nove anni, Bozzoli è rimasto in libertà e non ha seguito l’udienza a Roma, mentre in tribunale era presente il padre Adelio. È stato lo stesso genitore a dire che il figlio ha aspettato l’udienza nella sua abitazione sul lago di Garda, ma quando i carabinieri sono arrivati lì non lo hanno trovato. La casa era vuota. Le ricerche del 39enne sono scattate immediatamente con i militari che sono al lavoro per rintracciarlo.

Alcuni vicini di casa avrebbero riferito che Bozzoli, la moglie e il figlio piccolo, non si vedono da una decina di giorni.

 

Lo zio: 9 anni per pianificare la fuga

“Anche se è mio nipote se ha sbagliato deve pagare. Non è perché gli hanno dato l’ergastolo siamo felici. Perché Mario comunque non torna”. Sono le parole dello zio paterno di Giacomo Bozzoli, Andrea Ronchini, condannato per l’omicidio dello zio Mario Bozzoli. Ronchini è il marito di Vittoria la sorella di Adelio che è il padre di Giacomo e di Mario, la vittima. “La fuga di Giacomo? Ha avuto nove anni per studiare tutto”, racconta convinto l’uomo residente a Marcheno (Brescia).

 

La vicenda

Secondo la ricostruzione degli inquirenti Giacomo avrebbe aggredito lo zio vicino ai forni ma poi avrebbe affidato il “compito” di gettare il corpo nella fonderia a un dipendente dell’azienda, Giuseppe Ghirardini. Quest’ultimo svanirà nel nulla a sua volta sei giorni dopo la scomparsa di Bozzoli. Il corpo senza vita dell’operaio verrà trovato il 18 ottobre 2015 nei boschi di Case di Viso, ucciso da una capsula di cianuro rinvenuta nello stomaco.

Nella serata dell’8 ottobre 2015, si è ricostruito, la vittima fece l’ultima telefonata, rivolta alla moglie, intorno alle 19.15. Si parlava di una cena in una trattoria vicino a casa. Alle 19.18 si verificò una fumata anomala nel forno grande della fonderia: è in quel momento che il corpo di Mario Bozzoli sarebbe stato dato alle fiamme. Già dal giorno successivo alla sua scomparsa si iniziò a pensare all’omicidio. Soltanto sei giorni dopo la morte di Ghirardini, trovato senza vita a Case di Viso, in Valcamonica. Ghirardini nelle carte della Corte d’assise d’appello di Brescia viene indicato come l’unica di due persone che, oltre a Giacomo Bozzoli, gravitavano intorno al “ristretto ambito spaziale e temporale” dell’omicidio. E a casa sua furono trovati 5mila euro in contanti: potrebbero essere il compenso per la sua partecipazione alla distruzione del cadavere. L’altro nome fatto è quello di Oscar Maggi: le indagini a suo carico si sono chiuse da poco e a breve la Procura chiederà il rinvio a giudizio per concorso in omicidio. 

Il movente

Secondo i giudici dell’appello, nel 2022, Giacomo Bozzoli sarebbe l’unica persona in cui “è risultato coesistere, unitamente all’odio ostinato e incontenibile (…) nei confronti della vittima, anche l’interesse economico per ucciderla riconducibile agli interessi societari e familiari”. Lo zio era “colpevole a suo avviso” di guadagnare dalla società di famiglia alle spalle degli altri componenti e di intralciare i suoi affari. 

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