La bufera si scatena subito dopo l’incontro, avvenuto lunedì, tra la premier Giorgia Meloni e il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, Fabio Pinelli. “Inedito” e “inopportuno”, una “grave ingerenza”. Così le opposizioni definiscono il colloquio che, invece, una nota di palazzo Chigi ha inquadrato “nell’ambito di una proficua e virtuosa collaborazione, nel rispetto dell’autonomia delle differenti Istituzioni”.

Ad alimentare lo scontro anche le tempistiche: il colloquio sarebbe stato in programma da circa tre settimane, hanno sottolineato da Palazzo Chigi, ma proprio in queste settimane la tensione circa le nomine che interessano l’organo di autogoverno della magistratura, presieduto dal capo dello Stato, è salita. E da più parti l’appuntamento è stato letto come un incontro “politico”, più che istituzionale.

Fra le critiche che circolano nei confronti di Pinelli, vi è quella di aver agito fuori dalle deleghe presidenziali, entrando così in una dimensione politicizzata, proprio mentre il Csm prendeva posizione a sostegno dei magistrati nel mirino del centrodestra per le pronunce sui respingimenti dei migranti.   

Inoltre, secondo ambienti vicini al Colle, il presidente Mattarella sarebbe stato avvisato dell’appuntamento tra Meloni e Pinelli solo a ridosso del colloquio, senza essere informato di contenuti e modalità.

Meloni “ha scelto di prendere parte a un incontro inopportuno – ha incalzato la responsabile giustizia del Pd Debora Serracchiani – perseguendo una linea di conflitto continuo con la magistratura, con l’evidente intento di comprometterne l’indipendenza“.  Sulla stessa linea il dem Andrea Orlando, ex ministro della Giustizia: “Mi sbaglierò ma a memoria non ricordo di una convocazione del vicepresidente del Csm da parte del presidente del Consiglio. Grave la convocazione. Grave che Pinelli l’abbia accettata. Il silenzio del Guardasigilli non sorprende. Liberali da strapazzo”. Secondo Filiberto Zaratti (Avs) la premier rischia di provocare “una grave crisi all’intero sistema istituzionale”.   

Alle accuse replica la maggioranza, minimizzando la questione:  “Non c’è niente di scandaloso se il vicepresidente del Csm incontra alla luce del sole esponenti del Governo, dal premier al ministro della Giustizia o quello dell’Economia” dichiara il deputato di Forza Italia Enrico Costa.

“Non essendosi visti alle sei del mattino in un convento, ma nella sede istituzionale del governo non mi pare né un incontro carbonaro, né una mancanza di rispetto istituzionale – osserva l’azzurro Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera -. Rientra nella leale collaborazione tra poteri dello Stato”. E di “normale interlocuzione”, parla Paolo Trancassini (FdI).   

Che il clima sia molto teso trapela però anche dalle poche righe inviate dai 14 consiglieri (tutti i togati tranne quelli appartenenti a Magistratura indipendenti) a Pinelli: “Abbiamo appreso dalla stampa della visita nella sua veste istituzionale”, è la frecciata con cui si apre la nota. “L’ incontro è avvenuto in un momento particolarmente delicato nei rapporti tra politica e magistratura – chiosano le toghe -. Le chiediamo, pertanto, di volerci rendere edotti, nel Plenum di domani (oggi ndr) o nella sede meglio ritenuta, dei contenuti di tale incontro, affinché questo Consiglio possa avere contezza di un passaggio tanto rilevante istituzionalmente”. 

A sottoscrivere il testo i consiglieri appartenenti ai gruppi di Area, Md, Unicost più gli indipendenti Roberto Fontana e Andrea Mirenda e il laico Roberto Romboli (Pd). La tensione dentro e fuori Palazzo dei Marescialli, resta dunque ancora molto alta. E non è scontato che il plenum del Consiglio in programma oggi riesca a stemperarla.

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