Sarebbe conclusa l’indagine del Tribunale dei ministri sulla mancata consegna del generale libico Najeem Osama Almasri alla Corte penale internazionale da parte del governo italiano. Una conclusione che porterà alle decisioni: archiviazione o richiesta di rinvio a giudizio per uno o più membri del governo finiti sotto inchiesta, dalla premier Giorgia Meloni, al sottosegretario a Palazzo Chigi Alfredo Mantovano, al ministro della Giustizia Carlo Nordio e quello dell’Interno Matteo Piantedosi, per favoreggiamento, peculato, e il solo Guardasigilli omissione d’atti d’ufficio.

Lo anticipano oggi Il Corriere della Sera e Repubblica. Nelle carte, si legge sul Corriere, c’è il riscontro che “fin dal primo pomeriggio di domenica la capo di gabinetto di Nordio, Giusi Bartolozzi, sapeva ciò che stava avvenendo”, e diede le indicazioni ai magistrati del Dipartimento degli affari di Giustizia di parlarsi con cautela.

Nel primo pomeriggio di quel giorno, ricostruisce il quotidiano, quando Almasri era stato fermato da poche ore dalla Digos di Torino, l’allora capo del Dag, Luigi Birritteri (poi dimessosi e rientrato in ruolo), scrisse a Bartolozzi una mail per indicare la mancanza dell’autorizzazione all’arresto del ricercato, attivandosi per trovare il modo di convalidare il fermo e procedere alla consegna di Almarsi. Bartolozzi rispose di essere già informata.

Raccomandando prudenza: “Massimo riserbo e cautela” nel passaggio delle informazioni, e utilizzo di Signal. Della stessa mail parla anche La Repubblica nella quale viene sottolineato che “Il dato è cruciale perché dimostra come l’Italia abbia avuto tutto il tempo di riparare all’errore procedurale segnalato dalla Corte di appello di Roma, sulla mancata trasmissione del ministero della Giustizia. E di non averlo voluto fare per una precisa scelta politica. Di più: smentisce il ministro Nordio che aveva detto che soltanto il lunedì 20 gennaio l’ufficio era stato avvisato dell’arresto del criminale libico”.

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