La Procura di Milano ha chiuso le  indagini per quattro carabinieri indagati in uno dei filoni di  indagine sul caso Ramy. Due militari devono rispondere di depistaggio  – perché avrebbero agito per “ostacolare o sviare l’indagine relativa  al sinistro stradale con esito mortale” – e favoreggiamento per aver  costretto il testimone “a cancellare dal proprio telefono cellulare” i video che immortalavano gli ultimi istanti di vita del giovane morto  in sella alla scooter guidato da un amico; altri due carabinieri  devono rispondere, invece, solo di depistaggio sempre in relazione  alle immagini cancellate.

 

L’articolo del codice penale contestato ai carabinieri è di “frode in processo penale e depistaggio” aggravata che incrimina  condotte consistenti “in artificiose immutazioni della realtà e in  dichiarazioni false o reticenti”, poste in essere dal pubblico  ufficiale “al fine di impedire, ostacolare o sviare un’indagine o un  processo penale”. Contestazione di cui devono rispondere i due militari della squadra  intervento operativo di Milano, arrivati dopo l’incidente stradale,  che avrebbero costretto un testimone “a cancellare dal proprio  telefono cellulare numero 9 file contenenti video, appena effettuati,  relativi alle diverse fasi del sinistro stradale e alle fasi  immediatamente successive”.  Stessa contestazione che vale per gli altri due militari – che hanno  partecipato al lungo inseguimento di otto chilometri finito  all’incrocio tra via Quaranta e via Ripamonti – accusati di aver fatto cancellare altri video a un altro testimone e ‘consapevoli’ di quanto  avvenuto nelle frasi precedenti lo schianto.

Condividere.
Exit mobile version