Fabio Martini, la politica italiana ci offre diversi spunti di riflessioni. Partiamo dall’ultimo avvenimento: l”Assemblea “costituente” del Movimento 5stelle. È passata, tra gli Aderenti, a grande maggioranza la linea Conte. Questo significa il passaggio dal “Movimento” al “Nuovo 5STELLE-PdC” (partito di Conte).Con alcuni punti meritevoli di analisi: fine del cordone ombelicale che lo legava a Grillo; superamento dei due mandati, fine del “né di destra né di sinistra ” quindi scelta di campo ‘progressista” da indipendenti. Quindi fine dell’ambiguità. È così?

“La coda politico-giudiziaria attivata da Grillo, il Fondatore democraticamente detronizzato, pregiudica ogni ragionevole previsione sulle conseguenze politiche del Congresso ri-costituente. Se fra un anno avessimo in campo sia un Movimento Cinque stelle guidato da Grillo, Di Battista e Raggi e schierato contro tutti, sia un Partito di Conte, alleato riottoso del Pd, è evidente che il peso specifico di quest’ultimo risulterebbe ulteriormente ridimensionato. Ma Conte e i suoi, col simbolo vecchio o nuovo, restano in campo. E una cosa già la sappiamo: gli aderenti hanno fatto prevalere (sia pure con una bassa percentuale) l’opzione “progressisti indipendenti”, ma guai a pensare alla riedizione della Sinistra indipendente, intellettuali di gran caratura ma eletti nelle liste del Pci e al partito sempre grati”.

In che senso due esperienze diverse?

“Nel senso che il Partito di Conte tendenzialmente farà parte della coalizione che sfiderà il centro-destra nelle prossime elezioni Politiche, ma prima di allora ci saranno soltanto elezioni locali, quasi certamente destinate a certificare un costante declino del Movimento. E dunque, proprio per non arrivare spompato all’appuntamento delle Politiche, da oggi in poi il Partito di Conte si trasformerà in un alleato scomodo per il Pd. Alleato sì ma più scomodo di prima”.

Il rapporto con il Pd sarà più conflittuale?

“Sì. Il Partito di Conte sfrutterà ogni occasione per distinguersi. Con questo mantra: non siamo sfascisti, siamo uniti contro la destra, ma con la nostra identità. Un alleato ogni giorno più scomodo. Non parliamo poi se dovesse fronteggiare la concorrenza anche di un Movimento populista ispirato da Grillo”.

C’è, però, un ulteriore elemento da analizzare il rapporto con la formazione politica “rosso-bruna” BSW (il partito personale della ex-Linke Sahra Wagenknecht). Quest’ultimo è definito filo-putiniano da molti osservatori. Qui c’è l’elemento che complicherà ulteriormente la creazione del cosiddetto fronte “progressista”. È così?

“Non più di tanto. Il nuovo partito tedesco, di sinistra-destra, al di là di alcune connotazioni razziste e filo-putiniane, esprime una linea politica populista simile a quella dell’area Cinque stelle, ma questo posizionamento non ha mai rappresentato un problema per il Pd. I Cinque stelle hanno fatto cadere il governo Draghi, condividono gli appelli di Putin sulle armi all’Ucraina, ma questo non ha mai provocato una polemica da parte del Pd. Che costruisce l’unità sull’agnosticismo rispetto agli alleati”.

Una battuta su Elly Schlein. Ha mostrato di essere una abile navigatrice in questi acque tempestose della politica. Il suo Pd certamente prende voti. Ma non è una illusione ottica? Ovvero non è più merito dei candidati sul campo che della “chiarezza” della Schlein?

“Finora il posizionamento a sinistra di Elly Schlein ha consentito al Pd di irrobustire le proprie percentuali, ma perdendo quasi tutti i duelli coalizionali nelle Regioni. Anche il Pci veleggiò per 45 anni tra il 25 e il 33 per cento, ma non andò mai al governo. Il Pd, se vuole ambire a tornare al governo dovrà darsi un’identità politica  chiara. Per ora incassa voti grazie ad un mix inedito ma di successo: una linea protestataria e un silente agnosticismo sui temi strategici: come ridare slancio al Paese, come proteggere non a parole i deboli, come impedire un ordine internazionale guidato dai prepotenti, come ridare slancio all’Europa. Temi vitali, accantonati dal Pd e oscurati da una vivace postura contestativa”.

Come sì svilupperà il suo rapporto con Renzi?

“Se l’agitazione populista dell’area Cinque stelle dovesse indurre il Pd a rincorrere ulteriormente quegli umori, sono destinati a irrobustirsi gli argomenti di personaggi come Renzi. Ma l’assetto della coalizione non è cosa di oggi e neppure di domani mattina”.

Cambiamo fronte, parliamo della Destra. Quale bilancio si può fare per Giorgia Meloni? 

“Nel marzo 2025 saremo al guado di mezza legislatura. Il tempo è volato, la politica è più sincopata di prima e tuttavia i fondamentali sono evidenti: a dispetto di una classe dirigente  governativa e parlamentare poco “allenata” e spesso inadatta alle partite più difficili, il governo ha seguito una politica economica e di bilancio che ha assecondato e non ostacolato un trend generale, che dura dal 2015, verso una moderata crescita e un recupero dell’evasione fiscale, mentre in politica estera ha seguito la dottrina europea prevalente. Nessuno potrebbe definire Meloni europeista, lei neppure, ma sino ad oggi il suo governo è stato allineato alle tre capitali europee: Bruxelles, Berlino, Parigi. Il vento di destra che spira anche da Oltreoceano potrebbe contagiare il governo e farlo sbandare. Un paradosso: a Meloni hanno giovato Biden, Macron e Draghi. Giovato molto. Vedremo come reagirà allo stress-test di Donald Trump. Reggerà? Manterrà il baricentro di destra tenuto finora? O cavalcherà la suggestione di una destra politicamente scorretta? Gran parte della politica italiana dei prossimi anni dipende dalla risposta a questa domanda”.

I malumori interni della Lega cresceranno sempre di più? Per Salvini saranno mesi duri…

“Chi sta già inseguendo Trump è proprio Salvini. Ma se le ripetute sconfitte elettorali e la difficile gestione del generale Vannacci ancora non hanno messo in crisi la sua leadership, sarà da capire cosa fara’ da “grande” il presidente della Regione Veneto Luca Zaia. Una cosa è certa: col prossimo congresso leghista è destinata a tornare la Lega Nord”.

Sull’annosa questione del Centro politico resterà ancora un sogno? 

“Quell’area poteva contare su due delle personalità più attrezzate della politica nazionale, però “affette” entrambe da egolatria patologica.  Hanno dissipato un incoraggiante risultato elettorale e servirebbero leader e argomenti. E comunque un Centro a sé stante per il momento fatica a prendere corpo. Quel che servirebbe ad entrambi i Poli contrapposti sarebbero due mezze ali moderne, riformiste, dinamiche, al momento assenti. Sul fronte del centro-destra Forza Italia sta provando ad occupare, almeno nominalmente, quello spazio, mentre sul fronte del Campo largo, la trasformazione del Pd in un partito di sinistra-sinistra, lascia spazio ad un’area, non moderata ma grintosamente riformista e con leadership fresche. Da qui alle elezioni Politiche l’unica novità potrebbe venire da questa parte”.

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