I meeting preparatori sono già in corso a Baku, questo fine settimana quello della Cina e dei G77, ma l’apertura ufficiale della 29ma conferenza delle Parti (Cop29) sul clima delle Nazioni Unite sarà lunedì 11 novembre. Una conferenza storicamente molto importante perché dovrà definire gli impegni finanziari concreti per aiutare i paesi più poveri a fare fronte ai fenomeni climatici estremi causati dal surriscaldamento del pianeta. 

Duecento i paesi partecipanti a definire il nuovo obiettivo di finanza per il clima, il cosiddetto New Collective Quantified Goal (Ncqg) che riconosca il bisogno di investimenti, identifichi il supporto specifico dei paesi più sviluppati e quali saranno quelli che vi contribuiranno, definendo azioni e riforme necessarie a mobilitare la finanza per lo sviluppo e  per permettere ai paesi poveri dal 2026 di prendere misure adeguate  al cambiamento climatico. 

Un tema, quello della finanza per il clima, sul quale sta spingendo molto un paese come il Brasile. Gli eventi estremi e imprevedibili sono sempre più numerosi e per farvi fronte è necessario andare oltre l’ultimo obiettivo dei 100 miliardi di dollari di aiuti deciso nel 2009. Di questi finora solo un terzo è stato destinato ai Paesi poveri per adattarsi ad un ambiente surriscaldato. Il resto è andato alla lotta alle emissioni nocive. 

Si mobilita la finanza per lo sviluppo, dalle banche multilaterali di sviluppo alla finanza privata. La forbice si allarga con il tempo perché gli effetti dei cambiamenti climatici si fanno sentire prima del previsto e con una virulenza inedita: secondo l’ONU il divario tra finanziamenti e reali necessità raggiungerà i 359 miliardi di dollari l’anno entro il 2030. Il fondo approvato due anni fa per rimborsare i paesi poveri delle perdite e dei danni subiti a causa del cambiamento climatico ad oggi ha mobilitato meno di 700 milioni di dollari, una somma ben lontana dai 380 miliardi di dollari promessi per il 2030. 

I singoli Stati entro febbraio 2025 dovranno presentare i nuovi piani nazionali, i “National determined contributions” o Ndc,  con tagli consistenti alle emissioni per arrivare entro il 2030 alla riduzione del 45% puntando anche al di sopra di questa soglia al 65%.

Le defezioni annunciate

Alla conferenza, la prima nella quale la finanza climatica giocherà un ruolo determinante, le defezioni dei leader mondiali saranno , a quanto sembra, numerose, anche a causa delle forti tensioni nazionali e internazionali.  Non ci saranno la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il cancelliere tedesco Olaf Scholz. Darà forfait anche un fedelissimo delle Cop come il presidente francese Emmanuel Macron: Parigi ha inoltre annunciato che nessun rappresentante francese parteciperà al segmento di alto livello. E questo perchè i rapporti tra Baku e Parigi si sono raffreddati a  causa dell’intervento azero l’anno scorso contro i separatisti armeni del Nagorno Karabach.

Altra defezione importante della quale si vocifera è quella  dell’Iran, altro peso massimo geopolitico e in termini di emissioni: il suo presidente Masoud Pezeshkian potrebbe non partecipare a causa della presenza della delegazione israeliana. Non andrà a Baku il primo ministro olandese, Dick Schoof, ufficialmente per via degli scontri che in Olanda hanno coinvolto dopo una partita i tifosi del Maccabi Tel Aviv.

Chi proprio non ha più fiducia nelle varie conferenze mondiali sul clima è la Papua Nuova Guinea, uno dei paesi più esposti al cambiamento climatico: la nazione insulare, attraverso il suo ministro degli esteri Justin Tkatchenko ha dichiarato di voler boicottare la conferenza bollandola come “una perdita di tempo” e di soldi. Una scelta quella della papua Nuova Guinea che ha suscitato l’entusiasmo di altre nazioni insulari.

Il presidente della Colombia Gustavo Petro ha cancellato la sua partecipazione alla Cop29 a causa delle inondazioni che hanno colpito il dipartimento di Chocó, sulla costa del Pacifico. “Ho sospeso il mio viaggio in Azerbaigian per la Cop29 a causa del collasso climatico. Decreteremo lo stato di emergenza e con le scarse risorse di cui disponiamo affronteremo i primi soccorsi e aiuteremo le vittime”, ha scritto su X.

Ci sarà la presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni, attesa a Baku mercoledì 13 novembre.  Alla conferenza ci saranno anche il premier spagnolo Pedro Sanchez e quello britannico Keir Starmer. Per i talebani,  come ha reso noto il ministro degli esteri afghano, sarà la prima partecipazione ad una Cop sul clima dalla loro ascesa al potere nel 2021: le Nazioni Unite hanno vietato ai talebani di riprendere il seggio dell’Afghanistan all’Assemblea Generale e il governo talebano non è riconosciuto formalmente dagli Stati membri dell’ONU a causa delle restrizioni imposte ai diritti delle donne.

Intanto il neoeletto presidente USA Donald Trump ha dichiarato che firmerà l’ordine esecutivo per il ritiro dall’accordo di Parigi sul clima il 20 gennaio, giorno del suo nuovo insediamento alla Casa Bianca. Lo hanno rivelato al Wall Street Journal fonti vicine al presidente eletto, ricordando che Trump si era già ritirato dall’accordo nel 2019 durante il suo primo mandato e che il suo successore alla Casa Bianca, Joe Biden, aveva aderito di nuovo all’intesa con un ordine esecutivo firmato nel giorno del suo insediamento

Dal 12 al 13 novembre si terrà il forum dei leader mondiali.

Per aggiornamenti è possibile seguire online calendario e lavori della conferenza.

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