Il governo ha inviato alla Corte penale internazionale dell’Aja la propria memoria difensiva sul caso di Njiiem Almasri, il comandante libico arrestato a Torino il 19 gennaio e rimpatriato due giorni dopo. E’ quanto si apprende da fonti dell’esecutivo. Per presentare la memoria il governo aveva ottenuto una proroga, che scade domani. A febbraio la Corte aveva chiesto all’Italia spiegazioni sull’improvviso rilascio di Almasri. 

Sull’uomo pende un mandato di cattura internazionale emesso dalla Cpi con l’accusa di crimini di guerra e contro l’umanità commessi nella prigione di Mittiga (Tripoli). Secondo la Cpi nel carcere sotto la direzione di Almasri  dal febbraio 2015 sono stati uccisi almeno 34 detenuti. Per i giudici, in particolare, “ha picchiato, torturato, sparato, aggredito sessualmente e ucciso personalmente detenuti, nonché ha ordinato alle guardie di picchiarli e torturarli”.

I giudici con base nei Paesi Bassi, in sostanza, hanno accusato l’Italia di non aver eseguito il mandato d’arresto, di non aver perquisito Almasri, di non aver sequestrato i dispositivi in suo possesso e di aver sperperato denaro pubblico rimpatriandolo a Tripoli a bordo di un aereo dell’intelligence.

Il 28 gennaio la presidente del Consiglio Giorgia Meloni aveva annunciato di essere indagata – in seguito a una denuncia presentata dall’avvocato Luigi Li Gotti – per favoreggiamento e peculato dalla Procura di Roma in relazione al rimpatrio di Almasri. Con lei anche il ministro della Giustizia Carlo Nordio, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il sottosegretario Alfredo Mantovano. accustao di inerzia, il ministro Nordio si era difeso in Parlamento sostenendo che la richiesta di arresto dell’Aja fosse irregolare e che non erano state rispettate le sue prerogative. 

La parola passa ora ai giudici della Corte Penale che dovranno analizzare la memoria trasmessa da Roma e se non dovessero essere convinti delle ragioni dell’Italia, potrebbero rinviare il dossier all’Assemblea degli Stati Parte oppure al Consiglio di Sicurezza dell’Onu.  
 

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