Mancano ancora i dettagli, non si escludono sorprese o esenzioni, come il petrolio, ma in generale le esportazioni da Messico e Canada, negli Stati Uniti, costeranno il 25% in più. E la Cina sarà costretta a sborsare un ulteriore 10% per vendere in America.
Non finisce qui: Donald Trump pensa a dazi anche contro i Brics: Brasile, Cina, India e Sudafrica potrebbero pagare il 100% in più qualora decidessero di utilizzare una valuta diversa dal dollaro negli interscambi.
Non è fuori pericolo nemmeno l’Europa: “Ci hanno trattato malissimo” ha sentenziato Trump. Quanto e come lo vedremo presto.
La mossa, che dovrebbe garantire risorse per eliminare la tassa sui redditi, potrebbe però far male anche agli stessi Stati Uniti. L’annuncio ha mandato i mercati in rosso e rafforzato il dollaro. In prospettiva, i maggiori costi potrebbero scaricarsi sui consumatori, spingendo l’inflazione oltre il 3%. L’economia potrebbe rallentare e portare alla perdita di quasi 700mila posti di lavoro, con conseguente aumento della disoccupazione. E le famiglie potrebbero pagare quasi mille dollari di tasse in più solo quest’anno.
Intanto, i dazi hanno già messo in allarme moltissime multinazionali che hanno investito in Nord e Centro-America; come il Giappone, che ha ben 1.300 aziende in quelle aree; o Taiwan che sta per aprire una gigafactory per Nvidia in Messico. E poi il settore auto: Pirelli in Messico; Stellantis, Toyota e Volvo in Canada; e Honda, che si appresta ad aprire uno stabilimento in Ontario.