Come promesso, a Palazzo Chigi, il governo ha dato il via al ciclo di incontri con le categorie economiche sulla questione dazi. Da un lato, la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, con i vicepresidenti Antonio Tajani e Matteo Salvini (in videocollegamento), i ministri competenti (Giancarlo Giorgetti, Adolfo Urso, Tommaso Foti, Francesco Lollobrigida) e i sottosegretari Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari. Dall’altro, i rappresentanti di Confindustria (col presidente Emanuele Orsini), Ice (Matteo Zoppas) e la Camera nazionale Moda italiana, (rappresentata dal presidente Carlo Capasa); a seguire le PMI, infine le associazioni dell’Agroalimentare. Poi Confartigianato, Confcommercio e Confesercenti, Confapi, Cna, Confimi Industria, Confimprese Italia, Legacoop, Conflavoro, Casartigiani.
L’obiettivo è chiaro: individuare le migliori soluzioni e avere un’idea chiara dell’impatto nei settori maggiormente danneggiati, individuando una strategia per sostenere quelle filiere. La riunione avviene all’indomani dell’incontro fra la premier, i due vicepremier e i ministri competenti, per analizzare l’impatto che questa situazione può avere sull’economia italiana.
Intanto, il governo ha già anticipato che il prossimo Def sarà un documento “tecnico” che non includerà il quadro programmatico e non conterrà indicazioni né sull’impatto dei dazi né sulle spese perla difesa. Lo fanno sapere fonti di governo alla vigilia del Cdm.
Confartigianato: “Rischio pandemia economica”
“Bisogna prevenire il rischio di una pandemia economica provocata dall’impatto dei dazi Usa. L’Unione europea agisca subito e in modo coeso. Basta con i tempi lunghi e le modalità burocratiche”: questo l’appello lanciato dal presidente di Confartigianato, Marco Granelli, nel corso dell’incontro. Granelli ha messo in evidenza che “le nuove tariffe Usa potrebbero far calare di 11 miliardi il nostro export negli Usa, che vale 64,8 miliardi, con la perdita di 33mila occupati nelle imprese esportatrici. In particolare, le micro e piccole aziende, che vendono negli Usa prodotti per 17,9 miliardi, rischiano la perdita di 13mila occupati. Ma questo impatto rischia di espandersi e va affrontato con misure d’emergenza”.
Confesercenti: “Con i dazi -11,9 miliardi di consumi per le famiglie italiane in 2 anni”
“Il terremoto dazi non coinvolge solo le esportazioni. La guerra commerciale tra Usa e Ue rischia di avere un impatto anche sul mercato interno, riducendo di circa 11,9 miliardi di euro in due anni la crescita dei consumi delle famiglie” stima Confesercenti con Cer. “Si prospetta per quest’anno una variazione del PIL vicina allo zero” ed un “elemento di preoccupazione è anche la caduta dei mercati azionari” avverte l’associazione dei gestori di esercizi commerciali. In questo scenario, Confesercenti “calcola per i consumi delle famiglie una minore crescita dei consumi di 2,1 miliardi nel 2025 e di 9,8 miliardi nel 2026, per un totale di 11,9 miliardi”. E, avverte ancora, “rischi esistono anche sul fronte del turismo: i visitatori dagli Stati Uniti sono relativamente pochi (4,8% del totale) ma sono alto-spendenti, e portano in media 6,5 miliardi di euro l’anno di spesa sul territorio. È importante – commenta la presidente, Patrizia De Luise – intervenire a sostegno della filiera dell’export, ma senza dimenticare consumi e mercato interno, fondamentale per le piccole e medie imprese di commercio, turismo e servizi. Occorre lanciare un messaggio chiaro: l’arrivo dei dazi non deve interrompere il già troppo lento percorso di recupero del potere d’acquisto, e quindi della spesa delle famiglie, avviato negli ultimi anni”.
Confcommercio: “Serve una negoziazione in sede Ue. Nuovi accordi di libero scambio”
Bisogna “evitare una guerra commerciale, serve una negoziazione europea e sostegno alla competitività delle imprese” per Confcommercio. “Manifattura, agroalimentare, trasporti e logistica, turismo sono tra i settori più colpiti da questa nuova ondata protezionistica, che rischia di compromettere le prospettive di crescita in un contesto economico già fragile. Serve un’azione coraggiosa, coordinata e lungimirante a livello europeo” dice il vicepresidente Riccardo Garosci.
“Confcommercio chiede l’avvio di un negoziato tra l’Ue e gli Stati Uniti che tenga conto non solo delle esportazioni europee di beni, ma anche del forte squilibrio a favore degli statunitensi nei servizi, soprattutto tecnologici e finanziari. Un negoziato fondamentale per valorizzare il peso di un mercato evoluto di circa 500 milioni di consumatori, per evitare una guerra commerciale, per non attivare misure ritorsive immediate in grado di alimentare l’inflazione e di mettere in difficoltà le imprese che fanno import e distribuzione”. L’Unione Europea “dovrebbe intensificare gli sforzi per concludere nuovi accordi di libero scambio in aree strategiche come India, Paesi del Golfo, Australia, Indonesia e Malesia, accelerare la ratifica dell’accordo con il Mercosur, riaprire un canale di negoziazione con la Cina e ridare vigore al multilateralismo nel commercio internazionale attraverso l’Organizzazione mondiale del Commercio. Inoltre, nel settore trasporti, occorrerebbe sospendere e rivedere il meccanismo delle emissioni Ets, scongiurare l’entrata in vigore degli specifici dazi marittimo-portuali statunitensi e promuovere un piano a sostegno della cantieristica europea e nazionale”.
Al via a Palazzo Chigi gli incontri con le categorie sui dazi,8 aprile 2025 (ansa)
Cna: “Tutelare le Pmi”
“È essenziale scongiurare un conflitto commerciale che spalancherebbe le porte a una fase recessiva per l’economia globale e in particolare per quei Paesi come l’Italia che sono tra i principali partner commerciali degli Stati Uniti” sottolinea il presidente della Cna, Dario Costantini, nel corso dell’incontro a Chigi. Il fatturato diretto e quello indiretto verso il mercato americano valgono circa 90 miliardi di euro con una quota significativa realizzata dalle imprese fino a 49 dipendenti, pari al 14% del totale, segnala la Confederazione di artigiani e piccole imprese. Ed in alcuni settori il ruolo delle piccole imprese è ancora più rilevante, come nel legno con una quota del 38% sull’export, il 30% nel tessile, 25% mobili e 21% abbigliamento.
Costantini ha indicato che occorrono misure di sostegno mirate all’eventuale contrazione di fatturato e interventi strutturali per migliorare la competitività del sistema produttivo. Nella prima categoria rientrano interventi emergenziali già utilizzati durante la fase acuta della pandemia quali garanzie e assicurazioni pubbliche e compensazioni in relazione alla contrazione dei ricavi. Tra le misure strutturali occorre un intervento forte per abbassare il costo dell’energia elettrica, che rappresenta uno dei principali svantaggi competitivi per il Made in Italy. In breve tempo è possibile anche accelerare il processo di semplificazioni. “Abbiamo presentato un pacchetto di 100 proposte che può garantire un taglio di almeno 7 miliardi ai costi della burocrazia e soprattutto un volano di crescita per le imprese. Un solo esempio: una normativa chiara sulla definizione di rifiuto consentirebbe al settore della moda di sviluppare un fatturato aggiuntivo di 2 miliardi l’anno. Altrettanto necessario un processo parallelo di semplificazione a livello di regolamentazione comunitaria che pesa soprattutto sul sistema delle piccole imprese”.
Confapi: “Evitare di autoimporli, spendere patto stabilità”
“Abbiamo espresso al governo la nostra grande preoccupazione perché’ i dazi giungono in un momento complicato per le nostre imprese. Gli Stati Uniti, che rappresentano più del 10% dell’export complessivo, sono un mercato di riferimento importante per le nostre Pmi. Riteniamo quindi fondamentale lavorare su più tavoli: quello europeo ma anche su quello bilaterale con gli Stati Uniti. Siamo d’accordo sulla necessità di trovare nuovi mercati, anche se questo, specialmente per le nostre industrie, è un obiettivo di medio lungo termine” dichiara il presidente di Confapi, Cristian Camisa. “Tra le proposte portate al tavolo di oggi da Confapi, “la necessità di evitare dazi autoimposti, cioè tutti quegli adempimenti che l’Europa richiede (Green Deal, CBAM, ESG) e che comportano costi importanti, che oggi le nostre imprese non si possono permettere. Abbiamo anche proposto – ha aggiunto Camisa – una sospensione del Patto di Stabilità come in epoca Covid. Sarebbe utile anche un credito di imposta del 20% che vada a compensare i dazi per le aziende esportatrici nonché, a livello strategico e a medio termine, la creazione di un Hub logistico negli USA specifico per le Pmi, dal momento che la distribuzione americana ha costi elevati e quindi la sostituzione degli attuali distributori potrebbe portare significative marginalità per le imprese. Chiediamo un sostegno alle aggregazioni di nostre imprese negli Stati Uniti finanziato dalle agenzie governative”.
Confimprese: “Usare i fondi del Pnrr per aiutare le nostre imprese”
“Stiamo vivendo una situazione conservativa e molto grave. Premesso che la libera circolazione delle merci è un elemento fondante delle società occidentali, i rischi per l’Italia sono molteplici: oltre al rischio inflazione e disoccupazione, c’è la concreta possibilità che le aziende rivedano i piani di sviluppo e posticipino gli investimenti, come ha già dichiarato il 42%, secondo i dati di Intesa San Paolo. A ciò si aggiunge la possibilità che le nostre imprese delocalizzino la produzione negli Usa” mette in guardia Mario Resca, presidente di Confimprese (490 brand commerciali, 90mila punti vendita, 800mila addetti).
Conflavoro: “Dieci miliardi dal Pnrr”
“Chiediamo 10 miliardi di euro del Pnrr per aiutare concretamente le nostre aziende anche ad aprire nuovi mercati che possano sostituire le perdite con la Russia e oggi con i dazi dagli Stati Uniti” ha detto il presidente di Conflavoro, Roberto Capobianco, entrando a Palazzo Chigi. “I dazi possono danneggiare anche le imprese che non hanno rapporti con gli Usa” prosegue Capobianco. “Le crisi aziendali che dovessero presentarsi dovranno essere gestite dal Mimit ma anche dal Ministero del lavoro per proteggere da eventuali perdite ed esuberi”.