
Il decreto relativo al terzo atto aggiuntivo della convenzione tra Mit e società Stretto di Messina per la costruzione del Ponte sullo Stretto è incompatibile con l’articolo 72 della direttiva europea 2014/24/UE, che disciplina la modifica di contratti durante il periodo di validità.
È quanto rileva la Corte dei Conti nelle motivazioni, depositate oggi, con cui, il 17 novembre scorso, ha dichiarato l’illegittimità del decreto con cui il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, di concerto col ministero dell’Economia, aveva approvato le nuove norme per la realizzazione dell’opera.
La Corte evidenzia “perplessità” in riferimento all’art. 72 della direttiva Ue. In particolare si sottolinea come “l’amministrazione non abbia fornito una prova certa e rigorosa dell’avvenuto rispetto del contenimento dell’aumento di prezzo entro il limite del 50 per cento del valore del contratto iniziale, richiesto dal citato art. 72 della direttiva 2004/18/CE, richiamato dall’art. 4 del decreto legge 35/2023“.
E si esprime incertezza per quanto riguarda il costo complessivo dell’opera. “La valutazione degli aggiornamenti progettuali in misura pari a euro 787.380.000,00, in quanto frutto di un’attività di mera stima, rende possibile il rischio di ulteriori variazioni incrementali, incidenti – in disparte i problemi di reperimento di nuove coperture – sul superamento della soglia del 50 per cento delle variazioni ammissibili, anche in considerazione dei dati offerti dalla stessa Amministrazione“.
“Cambiata natura contratto, finanziata da fondi pubblici”
La Corte rileva anche una ‘modifica sostanziale‘ nel “sopravvenuto totale finanziamento pubblico dell’opera, tale da rendere non necessario il reperimento di quota parte del finanziamento tramite ricorso al mercato”.
La possibilità riconosciuta alla concessionaria dall’ordinamento, si legge, “di reperire ulteriori finanziamenti sia sul mercato interno che sui mercati internazionali, appare allo stato assolutamente ipotetica. Infatti, la raccolta sul mercato di ulteriori risorse che, essendo l’opera interamente finanziata, non risulterebbero necessarie alla realizzazione della medesima, appare oggi una mera ipotesi priva non solo di necessità ma, altresì, di qualsiasi legittimazione. Una simile differenza di finanziamento dell’opera è tale da modificare sostanzialmente la natura del contratto. Infatti, la circostanza che l’opera sia completamente finanziata con fondi pubblici cambia la natura del contratto perché libera la concessionaria dalla necessità di reperire risorse finanziarie e modifica, conseguentemente, anche il rapporto tra questa e il contraente generale“.
A “riprova” di quanto esposto, la Corte rileva che “tra i motivi che giustificarono, nel 2012, l’interruzione della realizzazione dell’opera – con le inevitabili conseguenze sui rapporti contrattuali – vi era anche la difficoltà di reperire idonei capitali sul mercato”.
Dopo l’allungamento dei tempi in seguito alla bocciatura della Corte dei Conti il governo interviene con un nuovo emendamento da 3,5 miliardi, con cui l’esecutivo aggiusta in corsa alcune criticità spuntate negli ultimi mesi. L’emendamento mette mano alle risorse per il Ponte sullo Stretto, spostando 780 milioni al 2033.