Comparare il Dna trovato sulle unghie di Chiara Poggi, uccisa il 13 agosto 2007 a Garlasco, con quello di  Andrea Sempio – indagato per l’omicidio della ventiseienne -, ma anche con quello dell’allora fidanzato Alberto Stasi – condannato in via  definitiva a 16 anni di carcere per il delitto -, con la traccia  genetica del padre e del fratello della vittima e con ogni altro  profilo maschile che frequentasse la villetta di via Pascoli. E’ quanto ha disposto la giudice per le indagini preliminari di Pavia Daniela  Garlaschelli, che ha dato l’ok all’incidente probatorio – chiesto dalla Procura – e fissato per il 9 aprile il conferimento dell’incarico.

A rappresentare la giudice ci sarà il genetista Emiliano Giardina, già noto per altri casi mediatici come l’omicidio di Yara Gambirasio,  mentre per l’indagato Sempio (già archiviato otto anni fa per la  stessa accusa) ci sarà l’ex comandante del Ris Luciano Garofano. La  procura si è affidata a Carlo Previderé, mentre la famiglia Poggi  conterà sul genetista Marzio Capra, l’unico ad aver assistito a ogni  fase dell’inchiesta, che dopo un lungo iter processuale ha portato alla condanna di Stasi. E anche l’allora fidanzato potrà partecipare a questa ‘riapertura’ che – a quasi 18 anni dai fatti – sembra  rimischiare le carte. Stasi, proprio il 9 aprile prossimo, sarà  davanti alla Sorveglianza di Milano per discutere la sua semilibertà.

La Procura di Pavia – mossa dalle deduzioni della difesa Stasi affidate al genetista Ugo Ricci e al consulente Lutz Roewer – rimette  in discussione le conclusioni della perizia dell’appello bis e i dati  del genetista Francesco De Stefano che – insieme ai consulenti di  parte – ha ritenuto non utilizzabile il Dna maschile trovato sui  margini ungueali della vittima. Una traccia non databile, non  riconducibile a un singolo (indica una linea maschile, cromosoma Y) e  comunque da trasferimento, cioè non da contatto diretto tra Sempio e  Chiara Poggi. Quella traccia da sola dimostra solo che Sempio  frequentava quella casa, è la conclusione che ha portato nel 2017 alla sua archiviazione.

Ora la giudice per le indagini preliminari di Pavia  acconsente – si legge nel provvedimento – a “compiere nuovamente la valutazione relativa alla utilizzabilità del profilo genetico estratto dal materiale biologico rinvenuto sotto le unghie della vittima” e a  confrontarlo con Sempio, ma anche ad eventuali altri maschi che saranno indicati dal giudice (“con prelievo del Dna e modalità  previste dalla legge”) o dai partecipanti all’incidente probatorio. Se il primo passo – dopo il giuramento di perito e consulente e la  formulazione del quesito – è stabilire la possibilità o meno di  comparazione, il resto prescinde dalle provette: l’eventuale nuova  analisi dei dati sulle tracce raccolte sui margini delle unghie della  ventiseienne sarà solo sulla carta perché il materiale biologico di  Chiara Poggi è terminato.

La comparazione con il Dna di Sempio sarà anche con ogni impronta trovata (pochissime quelle a cui non è stato dato un nome)  nella villetta di Pascoli e conservata nei laboratori del Ris di  Parma, così come su alcuni tamponi conservati nell’istituto di  Medicina Legale a Pavia e di ogni altro reperto che ha fornito “un esito dubbio o inconclusivo”.  Risultato che, alla luce dei passi  avanti nel campo della scienza, potrebbero ora dare risposte chiare.  

Gli approfondimenti riguarderanno anche alcune confezioni di cibo  trovate nella spazzatura, oltre a un frammento del tappetino del bagno posto davanti al lavabo dove si lavò l’assassino. Se la scarsa (ipotetica) presenza del Dna di Sempio ha già portato  otto anni fa all’archiviazione, i nuovi accertamenti non preoccupano  l’indagato. La Cassazione offre un quadro concordante sugli elementi  contro Stasi. Andrea Sempio ha un alibi nell’orario in cui muore la  ventiseienne, non indossa scarpe 42, il numero delle suole che  l’assassino lascia sul pavimento imbrattato di sangue, la testimone  oculare parla di una bici nera parcheggiata davanti alla villetta  quando Chiara Poggi muore. Bicicletta che Stasi nasconde, mentre  Sempio ha una bicicletta rossa. E anche la famiglia della vittima non  ha dubbi: la sentenza dice che Stasi è il colpevole dell’omicidio del  13 agosto 2007.

Sempio: “Ci risiamo”

“‘Ci risiamo, siamo di nuovo dentro’ ho detto ai miei quando è arrivata la notizia. Ti crolla la realtà addosso”. Lo ha detto a Storie Italiane su Rai 1 Andrea Sempio, l’amico di Marco Poggi, oggi di nuovo indagato dalla Procura di Pavia per omicidio in concorso in merito alla morte di Chiara Poggi. “Questa vicenda va su due fronti, quello legale e quello mediatico”, ha raccontato alle telecamere. “Non ricade solo su di me, ma sulle persone che mi sono vicine, un disastro che schiaccia tutti”. “Io e Marco ci siamo sentiti subito il primo giorno, ci diciamo di farci forza e piano piano passerà anche questa”, ha aggiunto. “Non ho fatto del male a Chiara, comprendo i tentativi che può fare la difesa negli anni, però arriva un punto in cui dico basta”.

Il suo rapporto con Chiara Poggi

“L’unico ricordo vivido che ho di Chiara è che eravamo in camera sua con Marco e un amico che giocavano al computer. Io ero seduto sul suo letto perché lo spazio nella stanza era quello, e quando è entrata ho pensato che potesse arrabbiarsi perché ero sul suo letto, proprio perché non avevamo confidenza. L’ho incontrata qualche volta a casa, non c’è stato neanche un dialogo, non avevamo contatti”. 

Le tracce di Dna sulle unghie di Chiara

“Usavo gli stessi oggetti che usava lei, in camera di lei perché spesso andavamo a giocare lì. La cosa che mi dà da pensare è: ci fosse davvero il mio dna, e pensi che sia finito lì durante un’aggressione – ha aggiunto -, non dovresti averne una parte minima parte che si sa e non si sa e si rileva appena, dovreste averne tanto”. 

“L’unica stanza dove di sicuro non sono mai entrato era quella dei genitori, poi in tutte le altre stanze per forza di cose ci sono passato quindi non mi stupirei se ci fosse”. 

L’alibi e lo scontrino

E a proposito degli altri dubbi sul suo alibi ha detto: “Lo scontrino è stato rappresentato come un tentativo di costruirsi un alibi. Io ho solo detto che quella mattina sono stato a Vigevano e quello scontrino è una prova che ho detto il vero”. “Avevo tentato di contattare Marco sul cellulare, ma non era disponibile, lui ha confermato che nella zona in cui era c’erano diversi punti senza campo”, ha invece spiegato relativamente alle chiamate a casa Poggi nei giorni precedenti l’omicidio, “Ho fatto tre chiamate a casa per chiedere se ci fosse, e nell’unica vera chiamata, quella da 20 secondi, chiedo anche quando torna. Anche a volerci vedere malizia, che cosa me ne faccio di una chiamata di venti secondi tre giorni prima? Non ci vedo nulla di così utile per voler organizzare un omicidio”.

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