“Mia sorella può avere ucciso. Se viene contraddetta diventa di una cattiveria impressionante. Se
Nada quel giorno le ha risposto male magari ha cominciato a colpirla”. Così Maurizio, il fratello minore di Annalucia Cecere, la donna sospettata di avere ucciso per gelosia la segretaria Nada Cella il 6 maggio 1996 a Chiavari, a margine del dibattimento conversando con i giornalisti. L’uomo è stato sentito in aula nel processo che vede imputati la donna ma anche Marco Soracco, il commercialista datore di lavoro di Nada, accusato di favoreggiamento e false dichiarazioni al pm.
In aula Cecere ha spiegato che, dopo avere saputo che le indagini erano state riaperte e la sorella era coinvolta, ha iniziato a farle domande. “Mi ha detto che non era stata lei a ucciderla. Lei non voleva parlare al telefono mi diceva che poteva essere intercettata e mi chiamava con telefoni non suoi. E’ sempre stata una donna irascibile, che si arrabbiava se la contraddicevi. Se ha sbagliato deve pagare”.
Prima di lui è stato sentito un ex fidanzato, Adelmo Roda. “Era possessiva e gelosa – ha spiegato in aula – quando si arrabbiava era impossibile farla ragionare. Era esplosiva a livello di parole. Mia madre disse che dovevo lasciarla perché aveva un figlio”.
“Quando sono state riaperte le indagini mi cercò: continuava a farmi domande sulla nostra relazione, continuava a dire che era finita dopo l’omicidio di Nada, ma in realtà era finita prima. Per
quanto riguarda i bottoni (un bottone fu ritrovato sul luogo del delitto ndr) sapevo che li aveva tolti dalla mia giacca perché le piacevano. Ma io quella giacca l’avevo ripresa quando era finita la nostra storia, quindi prima dell’omicidio”.
Sempre sui bottoni è stato sentito un collezionista ed ex produttore, Stefano Cannara che ha confermato che il bottone trovato sotto il corpo della segretaria era compatibile con quelli trovati a casa di Annalucia Cecere pochi giorni dopo il delitto, ma ha aggiunto anche che erano molto diffusi in quel periodo.