Le autorità del Kirghizistan, dichiarando ufficialmente la morte dell’alpinista russa Natalia Nagovitsyna, non ritengono piu’ necessaria l’operazione di soccorso da parte del team di soccorso internazionale. A seguito di questa decisione, giunta a sorpresa, la salma dell’alpinista di 49 anni di Melzo, Luca Sinigaglia, non sarà recuperato. L’italiano è morto nel tentativo di portare soccorso alla collega. Nagovitsyna, 47 anni, moscovita e originaria di Lysva nella regione di Perm, si trova dal 12 agosto a 7.100 metri sulla cresta che porta ai 7.439 della vetta del Pik Pobeda, montagna del Kirghizistan ai confini con la Cina. Natalia dopo aver raggiunto la cima, lungo la via del rientro verso il campo base avanzato si è fratturata una gamba restando bloccata in condizioni proibitive con almeno 25 gradi, venti tempestosi e senza alimenti. Le autorità kirghise sostengono che il decesso si avvenuto per ipotermia e mancanza di ossigeno.
Nagovitsyna iniziò a praticare l’alpinismo nel 2016 e nel 2020 guidò per la prima volta una spedizione sulla cima orientale dell’Elbrus. Nel 2021, il marito di Natalia, Sergej, morì durante una scalata sul Khan Tengri per un ictus. Natalia si rifiutò di scendere con i soccorritori attendendo la morte del marito avvenuta a 6.900 metri. Un anno dopo Natalia e’ tornata sul Khan Tengri per installare una targa commemorativa in memoria di Sergej. Quest’anno Nagovitsyna aveva deciso di scalare il Pik Pobeda (‘Picco della Vittoria’), montagna iconica soprattutto durante l’Unione Sovietica e nel periodo della Comunità degli Stati Indipendenti e considerata nel mondo alpinistico molto pericolosa. I suoi compagni di cordata, erano il russo Roman Mokrinsky, il tedesco Guenther Siegmund e Sinigaglia. Quest’ultimo conosceva Nagovitsyna dal 2021. L’alpinista italiano assieme a quello teutonico il giorno seguente erano riusciti a portare a Natalia, impossibilitata a muoversi, un sacco a pelo, un fornello, del cibo e una bombola di gas. I due hanno trascorso la notte con lei in una tenda, sfiniti dalla stanchezza. Il giorno dopo i due tentarono di raggiungere Natalia per un’altra via passando per il picco Vazha Pshavela, ma furono costretti a trascorrere la notte a 6.800 metri di quota, senza raggiungere Natalia. A Ferragosto, Luca Sinigaglia si era sentito male spirando alcune ore dopo aver consultato il medico via radio per edema cerebrale. Il giorno 17 si era tentato di evacuare Nagovitsyna utilizzando un elicottero militare kirghiso (Mil-Mi 8) ma a causa delle difficili condizioni meteorologiche l’elicottero era atterrato bruscamente a 4.600 metri. Uno dei piloti riportò una frattura da compressione della colonna vertebrale e uno dei soccorritori della compagnia Ak-Sai Travel una lussazione dell’osso pelvico.