Sono tanti, troppi i ragazzi colpiti da un disturbo del comportamento alimentare, un grido di aiuto, spesso silenzioso.

In occasione della Giornata del Fiocchetto Lilla, dedicata alla sensibilizzazione sui disturbi del comportamento alimentare, il Consiglio Nazionale dei Giovani(Cng) lancia un allarme su un’emergenza sempre più grave che colpisce le nuove generazioni.  “Negli ultimi tre anni, i casi di disturbi alimentari tra i giovani sono più che raddoppiati e l’età media di insorgenza si è drasticamente abbassata, arrivando a colpire bambine e bambini di appena 8-9 anni. Anoressia e bulimia rappresentano oggi la seconda causa di morte tra i giovani subito dopo gli incidenti stradali”, ha dichiarato Maria Cristina Pisani, presidente del Consiglio Nazionale dei Giovani.

Dati allarmanti

In Italia circa 3,5 milioni di persone, pari al 6% della popolazione, soffrono di disturbi della nutrizione e dell’alimentazione: il 90% sono donne, anche se sempre più numerosi sono gli uomini che manifestano questi sintomi e si rivolgono a strutture specializzate (sono il 20% nella fascia di età 12-17 anni). L’esordio di questi disturbi è sempre più precoce. Negli ultimi anni si è infatti registrato un abbassamento dell’età fino agli 8/9 anni. Ciò è verosimilmente dovuto sia all’abbassamento dell’età puberale nelle bambine che al sempre più diffuso impiego dei social network che facilitano confronti con modelli di bellezza irraggiungibili.

La pandemia e le nuove diagnosi

“A causa della pandemia e dell’isolamento sociale l‘incidenza di questo tipo di disturbi è aumentata del 30% e il picco è soprattutto tra i giovanissimi, colpiti fino a 4 volte in più rispetto al periodo pre-Covid a causa della permanenza forzata a casa, della chiusura delle scuole, delle mancate interazioni sociali, della dad e dell’annullamento delle iniziative di coinvolgimento sociale (dati ministero della Salute) che hanno determinato una grande paura nei confronti del futuro” spiega Laura Dalla Ragione, psichiatra, psicoterapeuta e dirirettore del centro per i Disturbi del comportamento alimentare della USL 1 dell’Umbria 1.

Come intercettare i primi segnali

Mangiano di nascosto o nascondono il cibo; mostrano cambiamenti nelle abitudini alimentari, ad esempio tagliano il cibo in piccoli pezzi o spostano il cibo nel piatto; saltano i pasti; diventano maniacali nella preparazione del cibo ed evitano interi gruppi di alimenti; mostrano segni indiretti di condotte compensatorie, come chiudersi in bagno in particolare dopo i pasti; manifestano fluttuazioni del tono dell’umore e alterazioni del sonno, aumentano l’attività fisica. Sono solo alcuni dei segnali tipici di un Disturbo della Nutrizione e Alimentazione, i cosiddetti DNA, che un genitore non dovrebbe mai sottovalutare. Un fenomeno sempre più in aumento in Italia e nel mondo, soprattutto negli ultimi anni: secondo i dati del Ministero della Salute, si stima che oggi più di tre milioni di italiani soffrono di DNA, oltre il 5% della popolazione, e tra questi soffrono di anoressia o bulimia (Dati Osservatorio ABA e ISTAT) ben l’8-10% delle ragazze e lo 0,5-1% dei ragazzi e, a livello mondiale, decine di milioni di giovani e di adulti nel mondo si ammalano sempre di più, ogni anno. La pandemia ha peggiorato ulteriormente la situazione, con un incremento di casi stimato di almeno il 30-35% e un abbassamento dell’età di esordio soprattutto tra i giovanissimi.

Curare il corpo e la mente: l’importanza di un approccio integrato

L’approccio è multidisciplinare, riguarda non la cura del singolo sintomo ma la persona nel suo complesso.

“Se si intercetta un DCA all’inizio può essere sufficiente anche solo un trattamento ambulatoriale, ma specializzato”, dice Dalla Ragione. “Altri casi richiedono la necessità di un trattamento semi-residenziale, mentre nel 30% dei casi serve un trattamento residenziale. Nei centri di Todi, i primi centri pubblici, istituiti nel 2003, c’è un approccio multidisciplinare, si lavora sul corpo, ma anche sulla mente, in un modo olistico, un approccio globale alla persona. Quando si ammala una ragazza si ammala anche tutta la famiglia- spiega l’esperta.- Nel centro lavorano medici, nutrizionisti, psicologi, infermieri, educatori, filosofi, tutte le figure professionali che servono per costruire questo approccio multidisciplinare.

Iss: salgono a 214 i centri mappati in Italia

Sono 214 le strutture sul territorio nazionale, tra centri di cura e associazioni, che si occupano di disturbi della nutrizione e dell’alimentazione (Dna) e che sono state censite sulla piattaforma disturbi alimentari dell’Istituto Superiore di Sanità. Trentaquattro in più rispetto a una precedente rilevazione, relativa ad ottobre 2024, nella quale erano 180. I dati aggiornati vengono diffusi in occasione della giornata nazionale del fiocchetto lilla dedicata ai disturbi del comportamento alimentare , che si celebra il 15 marzo. La mappatura dell’Iss, coordinata dal Centro nazionale dipendenze e doping e realizzata con il supporto tecnico e finanziario del Ministero della Salute-CCM a febbraio 2025 conta 132 centri appartenenti al Servizio sanitario nazionale, 32 del privato accreditato convenzionato e 50 associazioni.Per quanto riguarda la distribuzione territoriale dei centri di cura registrati in piattaforma 79 sono al Nord, 34 al Centro Italia e 51 tra Sud e Isole. La maggior parte dei centri è strutturata per prendere in carico persone dai 13 ai 45 anni ma una quota del 51% afferma di poter prendere in carico anche ragazze e ragazzi nella fascia di età compresa tra 7 e 12 anni, il 21% bambini di 6 anni o meno e il 76% anche chi ha un’età superiore ai 45 anni. Rispetto alla modalità di accesso per la prima visita, nel 48% dei servizi è necessaria la prenotazione al Cup o la richiesta Ssn ma nel 32% dei casi la modalità di accesso ai centri è libera e senza impegnativa.

Le équipe che lavorano presso i centri di cura sono multidisciplinari e le figure maggiormente rappresentate sono psicologi, medici specialisti in psichiatria o neuropsichiatria infantile, dietisti e infermieri. Meno della metà, il 41% dei centri, afferma di avere posti letto dedicati esclusivamente ai Dna, con percentuali variabili per ricovero di tipo psichiatrico o internistico, sia per minori sia per adulti. Tra gli interventi offerti nella quasi totalità dei casi sono previsti il monitoraggio della condizione psichica fisica e nutrizionale, l’intervento psicoterapeutico, nutrizionale, psicoeducativo e farmacoterapico. A seguire, l’intervento abilitativo o riabilitativo, attività ricreazionali oppure occupazionali e la scuola ospedaliera o a domicilio.

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