L’attore rivelazione della serie, 26 anni: «Travolto da un successo inatteso»
Per Massimiliano Caiazzo, anche andare a correre è diventata una faccenda complicata. «Proprio l’altra mattina mi si è parato davanti un ragazzo e mi ha detto: “facimm na foto”. Ormai funziona così». Carmine, il personaggio che dal 2020 interpreta in «Mare fuori», non gli ha dato solo grande popolarità. Il suo eroe buono, resistente alla camorra nonostante sia immerso in un mondo di violenza, è entrato nei cuori e nelle pance del pubblico che ha reso la serie un fenomeno, trasformando questo giovane attore di 26 anni all’epoca quasi al debutto, in uno dei volti più amati dello spettacolo. «La cosa bella è stata vedere che il pubblico, attraverso lui, si è affezionato a me e mi segue anche negli altri miei progetti. Questo ha fatto scemare la piccola paura che ogni tanto bussa quando sei dentro progetti di così grande successo, di finirne un po’ incastrato».
Corteggiato oltre che dal cinema (anche)dalla moda, seguitissimo (anche) sui social (solo su Instagram, quasi un milione e mezzo di persone), Caiazzo sta scegliendo con cura i suoi impegni: ai Nastri d’argento è stato premiato come miglior giovane attore per il film «Piano Piano» e anche «Filumena Marturano» è stata un successo. Tra le prossime tappe, la nuova stagione di «Mare fuori» e la serie di Disney + «Uonderbois». «Ho dovuto esplorare un nuovo modo di vivere. Ma la gente è interessata a vedere quello che faccio: conta moltissimo».
Quello per la recitazione è un amore di cui ha preso atto nel tempo. «Da piccolo, pur non sapendo che esistesse un mestiere come quello dell’attore, mi piaceva replicare quello facevano i personaggi nei film. Non sono mai arrivato a dire: “Da grande voglio recitare”, però mi trovavo ad essere Spiderman o Buzz di Toy Story: volevo andare verso l’infinito e oltre». La sua era una famiglia borghese: «Mamma professoressa, oggi preside, papà all’epoca assessore nel comune della mia città». Ma lui era già un tipino: «Ero bello terribile, irrequieto. Lo sport mi ha aiutato a calmarmi ma prima era difficile gestirmi». Niente di drammatico: «Magari saltavo scuola, cose così. Ma, soprattutto, ho sempre tenuto a far valere la mia identità, non accettando quello che mi veniva detto come un postulato».
Tipo: non recitare. «Non è un percorso canonico, ma mi sono imposto. I miei non mi hanno ostacolato troppo ma in loro c’era una giusta dose di paura, anche perché non se lo aspettavano». Per diversi anni, Caiazzo non ha osato condividere la sua passione: «La tenevo per me, sia con gli amici che a casa. C’era la paura di un giudizio negativo che avrebbe causato un disincanto. Per me era una cosa così preziosa anche solo da immaginare… la volevo proteggere».
E quindi, in silenzio, attorno ai 15 anni ha iniziato a frequentare i primi teatri di quartiere: «I primi spettacoli sono stati quelli con la parrocchia ma già sentivo un senso di pace sul palco, erano i primi segnali. Al quarto anno di liceo, Gianfelice Imparato fece un corso di recitazione nella mia città, Castellammare di Stabia». Lì, l’illuminazione: «Mi rendevo conto che ci mettevo impegno, studiavo tanto e senza imposizioni, quando farlo per certe interrogazioni mi costava una fatica enorme. Mi ero iscritto a Biotecnologia ma in aula ripassavo le scene da recitare. Così mi sono detto: ma chi voglio prendere in giro? E con il cuore a duemila ho deciso: lascio l’università». Il primo a dirgli che poteva farcela era stato proprio Imparato: «Mi disse: “Devi andare a Roma”. Poi aggiunse: “Non ti dirò mai di fare questo mestiere ma ti dico che hai tutto per farlo”».
Poco dopo è arrivato «Mare Fuori». «Non sono cresciuto in quei contesti, al massimo ho visto qualcosa da lontano. Io e Carmine stiamo diventando adulti assieme». Non immaginava questo botto. «Per niente. Ora ci stiamo godendo il viaggio. I primi tempi uscivamo anche con gli altri attori del cast, oggi è difficile». Impersonificare la parte buona di un mondo tanto duro, non è stata poca cosa: «Per me fare “il buono” era la vera difficoltà. Partivo da un giudizio sul personaggio che un po’ mi bloccava: se sono buono questa cosa non la devo fare così, pensavo, frenavo i miei impulsi. Ma la vera chiave è stata provare a raccontare perché lui diventa buono agli occhi degli altri: non ha un’etichetta ma diventa tale attraversando le sue zone d’ombra. Tutte le cose brutte cacciano fuori il tuo lato più oscuro: scegli di essere un buono perché sai cosa vuol dire la cattiveria».
Al capitolo sogni realizzati, cita «Piano piano»: «Recitare con Lello Arena, che con Troisi è uno dei miti della mia infanzia, è stato incredibile. Il primo giorno di set ho chiamato mio papà dicendogli che era stato il più bello della mia vita». Nel futuro, non esclude la regia: «A me sto mondo piace tutto, è un parco giochi fatto di tante giostre diverse. Sul set di “Mare Fuori” ho chiesto qualche volta di poter girare delle scene, ho molta curiosità. Ma quelli sono più degli obiettivi. Il sogno è trovare una mia serenità e anche crearmi una famiglia, mi sento pronto».
24 luglio 2023 (modifica il 25 luglio 2023 | 07:30)
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