È morto a Roma a 98 anni il sociologo Franco Ferrarotti. Professore di sociologia all’università La Sapienza di Roma fino al 2002, è stato anche deputato nel Parlamento per la terza legislatura, eletto per il Movimento di Comunità. Ferrarotti era nato a Palazzolo Vercellese il 7 aprile del 1926. A confermarne la morte il professore emerito di Comunicazione Mario Morcellini. Nei giorni scorsi Ferrarotti era stato operato a Roma e, a quanto si apprende, l’esito dell’operazione era stato buono.

Ferrarotti ha insegnato in numerose università straniere, specialmente nordamericane. “Ma in Italia tutti collegano la parola sociologia al suo nome” sottolinea Morcellini. Ferrarotti è stato fra i fondatori del Consiglio dei Comuni d’Europa a Ginevra nel 1949; direttore dei progetti di ricerca sociologica presso l’Oece (ora OCSE) a Parigi nel 1958-59.  Fra le sue opere principali, Sindacati e potere (1954); La protesta operaia (1955); La sociologia come partecipazione (1961); Max Weber e il destino della ragione (1965); Trattato di sociologia (1968); Roma da capitale a periferia (1970); La sociologia del potere (1972); Vite di baraccati (1974);Studenti, scuola, sistema (1976); Giovani e droga (1977). Fondatore, con Nicola Abbagnano, dei Quaderni di sociologia, ha diretto anche la rivista “La critica sociologica”.

Nominato direttore di studi alla Maison des Sciences de  l’Homme di Parigi nel 1978, è stato insignito del Premio per la  carriera dall’Accademia nazionale dei Lincei nel 2001 e del titolo di Cavaliere di Gran Croce al merito della Repubblica dall’allora  presidente Carlo Azeglio Ciampi nel 2005. Era Membro della New York  Academy of Sciences e presidente onorario dell’Associazione Nazionale  Sociologi. Ferrarotti ha insegnato nelle università di Chicago, Boston, New York, Toronto, Mosca, Varsavia, Colonia, Tokyo e Gerusalemme. Generazioni di studenti ricordano le appassionanti lezioni di Ferrarotti  all’università romana. Provocatori i suoi interventi sui diversi temi politici e sociali del paese dagli anni ‘60 fin quasi ad oggi. L’attività di ricerca e di studio di Ferrarotti è contenuta in una mole enorme di scritti che ha continuato a pubblicare fin oltre i 90 anni. Tra il 2019 e il 2020 l’editore Marietti ha pubblicato l’Opera omnia di Ferrarotti composta da sei volumi per un totale di 5mila pagine. Prima di cominciare la carriera accademica, Ferrarotti fu il più stretto collaboratore dell’imprenditore Adriano Olivetti (dal 1948 al 1960), elaborando per suo conto il progetto politico e sociale di Comunità. Fu deputato indipendente nel Parlamento durante la terza legislatura (1959-63), in rappresentanza del Movimento di Comunità fondato da Olivetti, di cui prese il posto dopo le sue dimissioni dalla Camera. Su questa importante collaborazione ha pubblicato ”Un imprenditore di idee. Una testimonianza su Adriano Olivetti” (Edizioni di Comunità,  2001) mentre dall’esperienza parlamentare nacque ”Nelle fumose stanze. La stagione politica di un ‘cane sciolto”’ (Guerini Studio, 2006).

Franco Ferrarotti (istitutoprogettouomo)

Il 22 novembre uscirà il suo testamento spirituale: “Lettera ad un giovane sociologo”.

“Non tutto è numericamente misurabile. Ed è difficile, probabilmente impossibile, calcolare il dolore, l’amicizia, il silenzio, l’inquietante solitudine di certe sere, la dignità. Siamo sempre più connessi, ma anche sempre più isolati,  disorientati, impotenti, incapaci di distinguere tra reale e virtuale, privati dei corpi, delle smorfie, delle occhiate in una socialità  fredda, simulata, finta” scrive il professore.

La sociologia – afferma il decano dei sociologi italiani – è “vittima del suo successo. Si è proposta come facile rimedio per studiosi sfortunati in altri campi. Nei casi migliori è divenuta giornalismo investigativo. In ogni caso, tende a perdere la visione d’insieme del  sociale e la capacità di interconnettere in modo creativo i suoi vari  aspetti”. “I sociologi odierni, probabilmente sotto la pressione del  mercato, hanno perso l’ancoraggio con le basi filosofiche da cui è  nata la loro disciplina, non hanno tempo per riflettere sui loro testi classici, non sembrano avere interesse per costruire una tradizione sociologica in senso proprio – spiega Ferrarotti – Per queste ragioni è plausibile che sfugga un aspetto essenziale: nella natura ibrida  della sociologia non risiede il limite, ma il primato di questa  disciplina, la cui ottica è in grado di ‘afferrare’ il reciproco  condizionamento dei vari aspetti del sociale”.

Condividere.
Exit mobile version