Negli anni 1950 e 1960 la Rai adottava rigidi regolamenti interni in materia di abbigliamento per i programmi televisivi, soprattutto per le donne. Il codice di condotta, anche se non sempre formalizzato in documenti pubblici, prevedeva norme che imponevano la sobrietà e il rispetto della morale tradizionale, vietando qualsiasi gesto, parola, atteggiamento o abbigliamento giudicato indecente o provocante. In particolare, era vietato mostrare gambe nude o troppo scoperte, ritenute suscettibili di turbare il pubblico e contrarie ai valori allora prevalenti in Italia.
La Rai agiva sia per tutelare la moralità pubblica sia per conformarsi alle pressioni politiche e religiose del tempo, era l’Italia democristiana. La DC, influenzata dalla sua vicinanza con la Chiesa cattolica e dai valori conservatori dell’epoca, esercitava una censura diretta su temi morali e di costume.
Ne furono in qualche modo colpite le celeberrime gemelle Kessler, le cosiddette “gambe della nazione” dovettero indossare calze di nylon scure anche in contesti in cui un abbigliamento più leggero sarebbe stato naturale per la danza e lo spettacolo televisivo. Lo ricordiamo nel famoso Da-da-unpa, sigla del varietà Studio Uno.
Le gambe nude, viste come elemento di seduzione, venivano quindi censurate per non urtare la sensibilità del pubblico italiano, ancora molto legato a valori tradizionali e cattolici. Questo clima censurale durò fino alla fine degli anni ’60 e inizi degli anni ’70, quando i cambiamenti culturali e sociali permisero un’allentamento delle regole.
Il regolamento interno prevedeva non solo limitazioni sull’abbigliamento, ma anche sulla lingua, sui contenuti e sui comportamenti in video, con un sistema di censura preventiva e sanzioni per chi non rispettava queste norme. Questo codice non sempre veniva reso pubblico nei dettagli, ma era noto agli addetti ai lavori e agli artisti stessi, che dovevano adattarsi alle severe imposizioni per accedere al grande schermo della televisione pubblica.
