Nel nostro Paese ci sono “6,8milioni di abitanti che risiedono in aree a rischio alluvionale medio e 2,4 milioni in zone ad alto rischio, complessivamente il 15% della popolazione“, pari a circa 9 milioni di soggetti, mentre gli edifici in posti ad alto e medio rischio sono 2,1 milioni”. 

A diffondere le cifre è il Centro studi del Consiglio nazionale degli ingegneri, durante la 68esima edizione del congresso della categoria professionale dal titolo ‘Svolte, Ingegneria per governare il cambiamento’, in corso fino al 4 ottobre presso la Fortezza Medicea, a Siena. 

“Ad aggravarsi non la fragilità del territorio ma la virulenza degli eventi”

Le regioni maggiormente in pericolo per gli effetti del maltempo, si sottolinea, “sono l’Emilia-Romagna, la Toscana, la Campania, il Veneto, la Lombardia e la Liguria”, e sebbene 12,2 milioni di abitanti dello Stivale vivano in aree dove il rischio è considerato basso, gli studiosi tengono a evidenziare che “sempre di rischio si tratta”. In virtù del cambiamento climatico in atto, recita il dossier, “ad essersi aggravata non è la fragilità geomorfologica in sé, ma la virulenza con cui determinati agenti agiscono sul territorio, determinando fenomeni di dissesto. 

In particolare, l’accentuarsi di lunghi periodi siccità a piogge torrenziali mette profondamente sotto stress le aree del Paese a maggior rischio alluvionale e a rischio frana“, precisano gli esperti del Centro studi degli ingegneri. Per i professionisti, “le risorse pubbliche disponibili sono state prevalentemente devolute ad interventi emergenziali, cioè successivi ad eventi catastrofici, mentre minore spazio è stato dedicato alla prevenzione con una prospettiva di medio-lungo periodo”.

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