Awa Sangare, la sorella di Moussa l’assassino reo confesso di Sharon Verzeni, ha raccontato in un’intervista all’Eco di Bergamo di aver fatto di tutto per liberare il fratello dalla dipendenza. “Non doveva finire così,assolutamente no. Il nostro pensiero va a quella povera ragazza, a Sharon e alla sua famiglia, siamo molto addolorate”. “Per mio fratello nessuno si è mosso”, la denuncia di Awa: “Abbiamo fatto di tutto per liberarlo dalla dipendenza – prosegue – , per affidarlo a chi potesse aiutarlo, ma lui ha sempre rifiutato. A noi, dopo aver verbalizzato le denunce, hanno dato i volantini dei centri antiviolenza mentre per un ricovero in qualche centro per fare uscire Moussa dalla dipendenza ci hanno risposto che doveva essere lui a presentarsi in modo volontario.
Anche per Awa la vita di Moussa è cambiata quando è partito per l’estero: ‘Era un bravo ragazzo, poteva sembrare strano forse ma tranquillo, almeno fino a quando non è andato negli Stati Uniti e poi a Londra nel 2019: è tornato ammettendo di aver iniziato a fare uso di droghe sintetiche. Non era più lui”.
“Ci sono stati giorni in cui la paura era sempre dentro le mura di casa, non mi lasciava mai. Giorni in cui urlava, parlava da solo, delirava”, ricorda. Poi, dal 9 maggio, dopo la terza denuncia in un anno presentata dalle due donne, non abitava più con madre e sorella, “e non avevamo proprio più contatti. Stavamo nella stessa casa ma su due piani diversi e lui digiorno si chiudeva in casa e usciva la notte, è sempre stato solitario”.