Quello della Svizzera è diventato un orizzonte concreto e obbligato, nonostante da novembre Laura Santi abbia il diritto di morire nella sua città. Di fronte all’inerzia di istituzioni locali e azienda sanitaria, la 50enne da tempo affetta da sclerosi multipla progressiva fa sapere di aver preso contatti con un’organizzazione che si occupa di fornire l’aiuto alla morte volontaria in Svizzera.
Sono passati ormai più di cinque mesi da quando le sono state riconosciute le condizioni previste dalla Corte costituzionale per accedere al diritto al suicidio medicalmente assistito in Italia. Eppure Laura Santi è ancora attesa di conoscere il tipo di farmaco e le modalità con cui concretizzare la propria, legittima, volontà.
Nel frattempo, racconta la giornalista perugina, le sue condizioni di salute peggiorano. Non si tratta di problemi assistenziali, ci tiene a precisare, ma di un corpo che sente di non poter più sopportare. Giornate sempre più simili a una tortura, tra nuovi dolori, paralisi progressiva e fatica neurologica che impediscono ogni tipo di partecipazione sociale.
Affrontare la Svizzera per Santi significherebbe pianificare un viaggio di oltre 9 ore, con la necessità di essere movimentata in ogni momento, avendo ormai perso il controllo di tronco e braccia, senza dimenticare la gestione vescicale e intestinale continua. 9 ore di sofferenza.
“Quello a cui l’inerzia di Regione Umbria mi espone – scrive Laura Santi – è un calvario che si aggiunge a quello che già affronto ogni giorno con la malattia in progressione”.
Il servizio di Giulia Bianconi, montaggio di Renzo Matteucci