Successo negli ascolti sulle piattaforme e anche due brani della colonna sonora in classifica. «Mare fuori», la serie dei record
Il dato è che in tutta Italia, con esiti più o meno disastrosi, sempre più persone si avventurano a canticchiare in napoletano ‘O mar for, sigla che è in fondo anche il mantra della serie tv dei record, ambientata in un carcere minorile, Mare fuori (oltre cento milioni di visualizzazioni su RaiPlay). E dire che l’autore, Matteo Paolillo, l’ha composta mentre era sotto la doccia. «È così — ammette —. Stavo pensando al mio personaggio, Edoardo, e mentre mi lavavo ho iniziato a cantare quel ritornello».
Immaginava che la serie e, in parallelo, anche la canzone, avrebbero avuto questo successo?
«No, assolutamente. Non immaginavo che potesse stravolgere tutto. Per prima cosa, a parte Carolina Crescentini, non c’erano nomi famosi nel cast: eravamo tutti ragazzi. Il progetto è andato al di là delle aspettative, nessuno poteva prevedere quello che è successo».
È già stata annunciata la quarta stagione: dall’esordio nel 2020 sono successe molte cose.
«Era il mio primo ruolo da protagonista, la prima volta che potevo approfondire tanto un personaggio. Mi sono reso conto che stavo vivendo qualcosa che non avevo mai provato e la stessa cosa accadeva a tutti i miei compagni».
Lei però ha una carriera parallela: attore e cantante. Da poco è uscito il video del suo nuovo singolo, «Origami all’alba» e siamo già a 13 milioni di streaming.
«La musica è una passione che ho scoperto tardi rispetto alla recitazione. A casa ogni sera guardavamo un film insieme, una sorta di tradizione di famiglia. Ma con la musica non era lo stesso: per me è scattato qualcosa dopo aver visto 8 Mile, con Eminem. Da quel momento mi sono appassionato alla musica rap e durante il liceo ho iniziato a fare del freestyle. Una seconda rivoluzione c’è stata il 5 febbraio 2016, data di uscita di Hellvisback di Salmo: mi ha dato l’ispirazione per iniziare a scrivere».
Non sono molti gli artisti che riescono ad essere credibili sia come attori che come cantanti.
«A me è un po’ capitato: non ho ragionato su come andasse l’industria. Ho semplicemente portato avanti le mie due passioni. La recitazione l’ho coltivata di più, avendo iniziato a frequentare laboratori teatrali a 13 anni. Ma non mi sono molto domandato se fosse possibile conciliare le due cose».
Pare di sì. Ha il sentore di tutto il successo che sta avendo?
«Mi rendo conto che, serie dopo serie, tutto è dilagato. Quando siamo stati a Sanremo, con il cast, e abbiamo cantato la canzone, mio padre ha pianto. Sono tornato ultimamente a Salerno, dove sono cresciuto, e vedo come tutti sono orgogliosi di me. Ho fatto dei sacrifici: andavo bene a scuola ma non ho voluto fare l’università per recitare. Erano tutti preoccupati per il precariato, ma mia madre mi ha supportato: ora sono felici».
Come si spiega un riscontro così grande?
«Credo abbia pagato il fatto che è un grande lavoro di creazione collettiva che ha reso tutto più “vero”. Osservo il lavoro che ognuno di noi ha fatto e mi pare ci sia tanta verità, appunto. Non a caso in molti pensavano e pensano ancora che siamo anche noi ragazzi usciti da un carcere. Lo trovo il più bello dei complimenti».
Era una riflessione che si faceva anche con Gomorra: cosa pensa del fatto che così tanti giovani vedano il suo personaggio — un criminale — come un eroe?
«Con Gomorra abbiamo in comune il mondo criminale e Napoli. Per il resto credo che la nostra serie sia molto diversa, perché affronta la questione giovanile e si concentra sulle difficoltà sociali e psicologiche dei ragazzi adolescenti che vivono lì. Si mostra la loro sofferenza, quella che c’è dietro il male. Trovo sia molto importante».
Sente di avere una responsabilità nei confronti del pubblico?
«Sì. Ho sentito sempre più, nel tempo, la responsabilità di comunicare un messaggio corretto, infatti il mio personaggio attraversa una metamorfosi. Nella terza serie, visto che attorno a lui c’era tutto questo fascino, ho cercato di demonizzarlo piuttosto che mitizzarlo: volevo fare in modo che il pubblico smettesse di pensare “vorrei essere come lui” ma che piuttosto si rendesse conto di cosa c’è dietro la sua cattiveria. Prima era visto come un eroe del male, che non ha paura, che si vendica, che ha potere. Ora ho voluto mostrare tutte le fragilità che nasconde. Mostrare la sofferenza che sta dietro il male è importante».
Interpreterà Edoardo ancora a lungo?
«Della nuova stagione ancora non ho saputo nulla. In generale posso dire che ho 27 anni, quindi posso interpretare un ragazzo che fa parte di carcere minorile fino a un certo punto. Sento che si sta chiudendo un cerchio attorno a lui. Dopo, mi dedicherò ad altro: sogno e desidero nuovi personaggi. So di essere in grado di raccontare anche cose diverse».
Tornerebbe a Sanremo ma in gara?
«Beh, sicuramente sarebbe una cosa importantissima ma non so se sono ancora pronto. Un domani sarebbe bello».
Si sente più a suo agio nel cantare in napoletano o in italiano?
«Dopo Origami all’alba arriverà un disco che sarà un ibrido, tra italiano e napoletano. In realtà è con Mare Fuori che hanno iniziato a ronzarmi nella testa parole in napoletano, per assurdo trovo abbiano un suono più internazionale»
18 marzo 2023 (modifica il 18 marzo 2023 | 07:32)
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