Alle 8 del mattino l’automobile con Giovanni XXIII arriva a via della Lungara dove si trova il carcere romano di Regina Coeli. È il 26 dicembre del 1958, due mesi dopo la sua elezione. Ai detenuti racconta di un suo parente che finì “dentro”. Si presenta come un amico, li abbraccia. 

Esattamente dopo 66 anni, per la prima volta in un carcere, a Rebibbia, viene aperta una porta santa in un anno nero per gli istituti penitenziari. Secondo i dati del ministero della giustizia, elaborati dal sole 24 ore nel 2024 si registrano i livelli più alti di detenuti e suicidi. 

Anche Paolo VI nel 1964 si reca nel carcere Romano di Regina Coeli. La parola che ripete di più è speranza e li invita a liberarsi dalle catene della disperazione. 

Sempre in carcere avviene un incontro storico: quello tra San Giovanni Paolo II e il suo attentatore turco Ali Agca che gli sparò il 13/05/1981. L’incontro in carcere avviene il 27 dicembre 1983, in una cella di massima sicurezza del carcere Romano di Rebibbia. Il loro colloquio dura più di 20 minuti. 

Il periodo di Natale ritorna nelle visite papali in carcere con Papa Benedetto XVI che va a Rebibbia il 18 dicembre 2011, era già stato nel minorile di Casal del Marmo nel 2007. 

Nel pontificato di Bergoglio le visite in carcere sono un cardine.  E’ lì che celebra, più volte, il rito della lavanda dei piedi . Si china, li osserva, sorride. Gesti semplici per ritessere le loro vite sfilacciate. Con Francesco diventano costanti le visite ai detenuti in occasione dei viaggi in Italia e nel mondo. Anche dopo l’elezione a pontefice Bergoglio continua a telefonare ai carcerati dell’Argentina ai quali era abituato a fare visita quand’era cardinale. E la volontà di aprire in carcere una porta Santa è il segno tangibile che da ogni ferita può entrare luce. 

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