È nella corteccia prefrontale (l’area del nostro cervello considerata cruciale per la personalità e il comportamento sociale) che si decide come reagiremo alle emozioni altrui. Lo stesso comportamento si osserva negli uomini come negli animali: c’è chi, dopo avere sperimentato una situazione negativa, di fronte alla stessa situazione vissuta da un altro si allontana, chi invece si avvicina per aiutare. Il ricordo di un’esperienza stressante, in sostanza, può influenzare profondamente la reazione verso un altro individuo in uno stato emotivo alterato.
Un team dell’Istituto italiano di Tecnologia di Genova, in collaborazione col Policlinico San Martino, attraverso test preclinici e tecniche avanzate per lo studio del cervello ha scoperto uno dei meccanismi che regolano l’empatia nel mondo animale. A svolgere un ruolo centrale sono i neuroni che producono il fattore di rilascio della corticotropina (Crf), una molecola che entra in gioco in risposta allo stress. Questi neuroni costituiscono una sorta di memoria emotiva, in grado di influenzare le reazioni a stimoli socio-emozionali.
Lo studio, pubblicato su Nature Neuroscience, permette di comprendere meglio come funziona il nostro cervello e in particolare apre una finestra su che cosa succede in patologie psichiatriche in cui queste funzioni socio-cognitive sono alterate, come il disturbo post-traumatico da stress, l’autismo e la schizofrenia.
Nel servizio, l’intervista a Francesco Papaleo, coordinatore dell’unità di ricerca “Genetics of Cognition” dell’Iit e affiliato all’Irccs Policlinico San Martino