La Corte internazionale apre il fascicolo sulla “questione della mancata osservanza da parte dell’Italia di una richiesta di cooperazione per l’arresto e consegna di Al Masri” e lo affida alla Camera preliminare. A confermarlo è il portavoce della Corte penale internazionale Fadi El Abdallah, che precisa come “questo processo non riguarda responsabilità individuali o casi contro persone specifiche”. Il caso, dunque, non è chiuso e a questo punto “l’Italia avrà l’opportunità di presentare osservazioni”. Il tutto mentre le vittime del torturatore libico hanno presentato denunce contro il governo italiano. “Ci sembra che Meloni sia stretta in una morsa. O interverrà la giustizia italiana, o subentrerà la Corte penale internazionale”, riferisce a LaPresse l’avvocato Juan Branco, uno dei legali che assiste il rifugiato sudanese che ha presentato denuncia alla Cpi all’Aia accusando il governo italiano di aver liberato il generale libico. Il cittadino sudanese del Darfur, che ha status di rifugiato in Francia, denuncia di essere stato vittima, insieme alla moglie e a innumerevoli migranti, di numerosi crimini in Libia. Nella denuncia vengono indicati i nomi della premier Giorgia Meloni, del ministro della Giustizia Carlo Nordio e del titolare dell’Interno Matteo Piantedosi, che vengono definiti “sospettati” e accusati di avere “ostacolato l’amministrazione della giustizia ai sensi dell’articolo 70 dello Statuto di Roma”

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