Il corallo arancione torna a Bagnoli, era scomparso a causa dell’inquinamento industriale

Il corallo arancione del Mediterraneo, Astroides calycularis, torna a vivere nei fondali di Bagnoli, uno dei simboli del degrado ambientale del Golfo di Napoli. Lo conferma uno studio pubblicato su Marine Environmental Research firmato da Francesca Necci dell’Università del Salento, in collaborazione con la Stazione Zoologica Anton Dohrn e l’Università Federico II. La ricerca documenta per la prima volta che questa specie protetta può non solo sopravvivere, ma crescere e riprodursi in un’area ancora segnata da decenni di inquinamento industriale.

Nel 2020, racconta a Rainews.it Luigi Musco, professore di zoologia all’Università del Salento, i ricercatori hanno raccolto 88 colonie naturalmente staccate dai fondali del Golfo di Napoli e le hanno trapiantate nel Sito di Interesse Nazionale Bagnoli-Coroglio, dove il corallo era presente fino agli anni Quaranta, prima dell’avvio dell’era industriale che ne aveva causato la scomparsa.

Dopo quattro anni, lo studio mostra che quasi un terzo delle colonie è sopravvissuto, raddoppiando il numero di polipi e triplicando la superficie occupata. Un risultato considerato eccezionale in un ambiente ancora caratterizzato da sedimenti contaminati e pressioni antropiche persistenti.

Ma il dato più sorprendente riguarda la riproduzione: tra le colonie monitorate sono stati individuati esemplari giovani, segno che il corallo si è riprodotto in situ, con larve che hanno attecchito e formato nuove strutture. Un’evidenza che, secondo gli autori, dimostra la resilienza della specie e la sua potenziale efficacia come strumento di restauro ecologico anche in aree non completamente bonificate.

«Il successo del trapianto – spiega la ricercatrice Francesca Necci, prima autrice dello studio – indica che questa specie può diventare una risorsa per la riqualificazione degli ecosistemi costieri mediterranei». Una prospettiva confermata da Musco: «Il corallo non solo resiste, ma contribuisce a ricostruire habitat complessi anche dove l’impatto industriale non è stato ancora del tutto eliminato».

La ricerca, sviluppata nell’ambito del progetto ABBaCo e sostenuta dal National Biodiversity Future Center finanziato dal PNRR, apre nuove possibilità per interventi di recupero in contesti difficili. Un segnale incoraggiante per Bagnoli e, più in generale, per le strategie di conservazione del Mediterraneo, tra le aree marine più esposte alla pressione antropica e agli effetti del cambiamento climatico.

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