
Il giudice Paolo Adinolfi scompare il 2 luglio 1994 quando esce dalla sua abitazione intorno alle 9, salutando dice che tornerà a pranzo.
Viene visto per l’ultima volta nella biblioteca del Tribunale Civile di Roma, in viale Giulio Cesare, dove lavora da molti anni: prima alla sezione Fallimentare e poi alla seconda Civile. La sua auto viene ritrovata poche ore dopo al Villaggio Olimpico. Le indagini successive non portano risultati concreti, e il caso è tuttora uno dei misteri irrisolti di Roma degli anni ’90.
Di formazione cattolica, supera giovanissimo il concorso in magistratura. Dopo una prima esperienza a Milano, torna a Roma, dove – al momento della scomparsa – ricopre l’incarico di consigliere alla Corte d’Appello, dopo una lunga carriera al Tribunale fallimentare. Proprio in quella sezione si occupa di inchieste delicate come il crac Fiscom, che toccano i legami tra potere economico, servizi segreti deviati e criminalità organizzata, in particolare la Banda della Magliana.
Le inchieste sulla sua scomparsa sono state archiviate, la prima molto frettolosamente nel 1996 mentre l’altra più approfondita nel 2003.
Il crac della società Fiscom ha collegamenti con personaggi della malavita organizzata come Enrico Nicoletti, considerato il “cassiere” della Banda della Magliana. È Nicoletti ad acquistare negli anni ’80 un’elegante casa padronale con tratti neoclassici che oggi tutti conoscono come Casa del Jazz, a pochi passi dal centro di Roma. Sotto alla villa si ipotizza che possano esserci i resti di Adinolfi, e in queste ore sono cominciate nuove ispezioni per cercarli.
Le ipotesi sui resti nascosti sotto alla villa si basano su testimonianze e ipotesi investigative. Tuttavia, fino ad ora, non ci sono conferme ufficiali di alcun ritrovamento significativo. Gli scavi sono parte di un più ampio studio archeologico e storico che riguarda anche le trasformazioni urbanistiche e geologiche dell’area.