Il kolossal manga diventa serie Oda rassicura i fan via social- Corriere.it

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di Federico Cella

L’autore della saga di pirati «One piece»: «Nessuna scorciatoia». Otto episodi al via il 31 agosto. Nel cast internazionale rappresentate tutte le etnie

Nell’epoca dell’intrattenimento in digitale riuscire a vendere oltre mezzo miliardo di albi a fumetto è senz’altro un’impresa. Degna di quelle raccontate nella sua opera, «One Piece»
, dove il mangaka (autore di fumetti) giapponese Eiichiro Oda mette in scena un mondo dominato dai mari e da ciurme di pirati che li solcano alla ricerca del mitico tesoro del capitano Gold Roger. Appunto lo One Piece, una fortuna talmente colossale da convincere quasi ogni abitante a mollare gli ormeggi. Risultato: dal 1997 oltre mille capitoli tradotti in decine di lingue, nove saghe per 31 archi narrativi differenti, un totale di 20 mila pagine disegnate.

L’ambizione di Netflix è di provare a ridurre tutta questa produzione in una serie tv, cosiddetta live action cioè con attori in carne e ossa, che esordirà sulla piattaforma di streaming il 31 agosto. Un’altra impresa, dunque, che prese l’avvio sette anni fa con la produzione — in mano alla casa editrice dei miracoli Shueisha, suoi anche «Dragon Ball» e «Naruto», e ai Tomorrow Studios – che mise sotto contratto Oda stesso. Di fatto l’unico escamotage possibile per provare a superare i dubbi dei milioni di fan del manga, terrorizzati dalla riduzione «occidentale» dell’opera del Maestro.

Eiichiro Oda il compito l’ha preso con una diligenza tutta giapponese — d’altronde si tratta del suo mondo —, inviando ai fan diverse lettere per aggiornare, e rassicurare, sull’andamento della produzione. A una prima dichiarazione di intenti, ultra-confessionale — «Lo dico subito: non abbiamo voluto prendere scorciatoie!» —, aveva fatto seguito il racconto di un momento di sconforto: «Non eravamo sulla stessa lunghezza d’onda, mi sono chiesto se fosse possibile realizzare una produzione straniera».

Spingendo sulla frattura spesso percepita in Giappone con il resto del mondo, i gaijin (letteralmente: persona esterna), tra le sue isole e i suoi valori e la loro traduzione continentale. Il percorso si è concluso con la chiusura delle riprese in Sudafrica, un anno fa esatto, e la chiosa di Oda: «Netflix mi ha promesso che la serie non uscirà finché non sarò del tutto soddisfatto». Eccoci dunque all’esordio dei primi otto episodi, un assaggio in contemporanea nei 190 Paesi toccati dal servizio, per vedere «One Piece» dal vivo l’effetto che fa (sul pubblico).

A cominciare dagli attori, con un cast internazionale dove nella ciurma agli ordini di Monkey D. Lufy (interpretato dal messicano Iñaki Godoy) si possono trovare rappresentate tutte le principali etnie. Di fatto ci sarà un solo attore giapponese, Mackenyu Arata, naturalizzato americano, che interpreta il formidabile spadaccino Roronoa Zoro. Niente di male, anche perché quello che «One Piece» mette in scena da 26 anni è un racconto globalizzato — pur in stile del classico shonen, fumetto rivolto ai ragazzi —, un romanzo di formazione che parla di amicizia, del sacrificio e della forza di volontà necessari per raggiungere il proprio obiettivo. Il metaforico «One Piece».

Tutti valori positivi alla base del successo planetario del fumetto. Dove Oda, citando la sua passione di bambino per la serie animata anni Settanta «Vicky il Vichingo», racconta un mondo di pirati «etici», dove nessuno muore e la parola «uccidere» è messa al bando.

25 agosto 2023 (modifica il 25 agosto 2023 | 07:22)

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