Dal vaffa-Day in piazza di Beppe Grillo, anticipazione del primo vagito di un Movimento 5 stelle che nel 2007 ancora non esisteva formalmente, alla decisione degli iscritti del M5S che “detronizzano” il fondatore, con il 63,24 per cento dei sì dal suo ruolo a vita di garante, grazie al quale disponeva anche del superpotere di “interpretazione autentica” dello Statuto. È questa la notizia del giorno emersa dallo scrutinio della consultazione telematica che ha concluso il “processo costituente” avviato in estate dal leader stellato Giuseppe Conte dopo la sconfitta elettorale delle europee.
Prima ancora della proclamazione del risultato, Grillo ha liquidato l’evoluzione del M5S con uno dei suoi criptici “stati” su Whatsapp: “Da francescani a gesuiti”, ha scritto ricordando la proclamata vicinanza delle origini al poverello di Assisi, che portò lo stesso Grillo a lanciare il neonato Movimento proprio il 4 ottobre del 2009, nella ricorrenza del santo patrono d’Italia.
Per Conte è vittoria su tutta la linea, dopo mesi di scontro innescato proprio da Grillo che ha provato a diffidare il gruppo dirigente del Movimento dal mettere in discussione nome, simbolo e limite dei due mandati elettivi nelle istituzioni. Risultato: i due mandati saranno superati da una norma ad hoc che però va scritta, dato che gli iscritti si sono pronunciati con gradi variabili di consenso su varie ipotesi di deroghe e nuovi limiti meno stringenti, ipotesi tra loro non contrapposte.
Le truppe rimaste fedeli al fondatore, dopo una breve contestazione nella prima giornata di Nova, l’assemblea al palazzo dei Congressi dell’Eur che ha concluso simbolicamente il percorso di rilancio voluto dall’ex premier, dovranno ora raccogliere le idee e decidere il da farsi. Tra le figure più in vista l’ex ministro Danilo Toninelli si è battuto con più energia anche pubblicamente, ma senza l’ombrello di Grillo è difficile immaginare che possa assumere iniziative in proprio. Più defilata Virginia Raggi, ex sindaca di Roma, assente da Nova per ragioni familiari, che aveva espresso le sue critiche sulla scelta “pregiudiziale” dell’alleanza con il Pd, ma comunque difficilmente seguirà il nuovo corso del Conte vincente. Peraltro proprio Raggi e Toninelli, componenti rispettivamente del Comitato di garanzia e dei Probiviri a 5 stelle, sono di fatto decaduti per effetto di altre modifiche statutarie approvate dagli iscritti, che comporteranno la nomina di due nuovi organismi con una diversa procedura e composizione interna. Il rischio, per gli sconfitti, è quello di una diaspora silenziosa è più che di una vera e propria scissione.
Tardivo, probabilmente, l’appello all’unità del Movimento del presidente dei senatori stellati, Stefano Patuanelli, che nel sottolineare il “rafforzamento del ruolo del presidente Conte” grazie alla vicenda della costituente, ha ammesso che “la riflessione politica che forse in questi due giorni non è stata fatta è come da questo percorso rafforzare l’azione del Movimento e non soltanto – ha concluso Patuanelli – isolare chi non la pensa come la maggioranza degli iscritti”.
Tra gli iscritti è passata la linea “progressista”, calorosamente sostenuta da Conte, pur se la definizione più votata, nel quesito sul posizionamento politico, è stata quella di “progressisti indipendenti”, quasi a echeggiare la posizione ribadita oggi da una dei cinque vicepresidenti M5S, Chiara Appendino, secondo la quale la priorità è ora la definizione di una “identità forte” e solo dopo si potranno decidere le alleanze. “Io – ha spiegato – non sono contraria ad accordi, il punto è cosa ci stai a fare nell’alleanza, non il politicismo sì o no”.
Dal palco, chiudendo la manifestazione Nova, anche Conte ha rivendicato l’indipendenza del Movimento: “Parliamo di alleanze, ma le alleanze non sono per noi un dato prepolitico, precostituito ma un mezzo per cambiare la società e combattere battaglie giuste”. L’enfasi sulla necessità di una “svolta negoziale” per l’Ucraina, la rinnovata durezza contro “il governo criminale di Netanyahu” colpevole dei massacri a Gaza e la scelta di ospitare nella kermesse romana (in collegamento video) come unica leader politica esterna la fondatrice di BSW in Germania, Sahra Wagenknecht, a capo di un partito molto critico sulle posizioni atlantiste e piuttosto scettico sui temi della gestione dell’immigrazione come in genere sono declinati a sinistra, testimoniano del fatto che il percorso di “dialogo” che Conte ha promesso di voler tenere aperto con il Partito democratico, principale socio di una ipotetica alleanza per le elezioni politiche, non sarà un passaggio facile né formale.