La docuserie in tre episodi rimanda a un episodio tragico avvenuto tra il 17 e 18 agosto 1978, quando un innocente 19enne tedesco fu vittima di un «omicidio casuale»
Una docuserie in tre episodi, molto gettonata su Netflix, si intitola «Il principe», è la cronaca di un delitto annunciato che alterna lo stile investigativo giudiziario così come si sono svolti i fatti e lo stile da gossip che pretendono i personaggi convolti, a partire da Vittorio Emanuele di Savoia, che nel titolo originale figura «l’uomo che non fu mai re». Ma il documentario rimanda a un episodio tragico che molti ricorderanno e che si svolse nella notte tra il 17 e 18 agosto 1978 quando un proiettile esplose al buio tra le barche ormeggiate al largo dell’isola di Cavallo in Corsica, colpendo un innocente ragazzo tedesco di 19 anni che morì dopo quattro mesi di atroce agonia.
Il principale indiziato di questo omicidio «casuale» fu fin dall’inizio il principe dell’illustre casata, che non è più monarchia dal ’46 da quel referendum ricostruito in quella scena memorabile di Sordi e Massari in «Una vita difficile» di Risi. Una casata che fu complice delle leggi razziali nel nostro Paese ma Emanuele, imprigionato e rilasciato, processato in Francia, poi tornato in galera in Italia (dove pare abbia confessato le sue colpe ai compagni di cella) ma infine definitivamente scagionato nonostante una montagna di dubbi e la lunga mai finita ricerca della verità da parte di Birgit, la sorella della vittima.
La ricostruzione di quell’ambiente di gioventù «dorata» dei tempi, tra «L’imperatore di Capri» e «La voglia matta», è ottima da parte della regista Beatrice Borromeo Casiraghi, che gioca in casa, ha la fiducia di tutti e la utilizza al meglio. Le interviste sono interessanti, mai banali, e tutta la parte in cui è il figlio Emanuele Filiberto a rispondere, è densa di dolori, imbarazzi, dubbi, rimpianti e rancori veri. Ed anche le parole dello stesso principe, che si dice prima confessi il misfatto poi si penta e lo ritragga, non sono roba da rotocalco, l’autrice è riuscita a indagare nelle pieghe di una saga di famiglia (la madre, Marina Doria, ha un suo ruolo) che è stata sconvolta da un fatto di sangue grave e con una vittima innocente.
I ragazzacci di allora, quelli con la barca, sono ora in stagione delle rughe ma si prestano civilmente a raccontarci il tempo che passa e non solo sul viso. Per questo il documento vale, non si parla solo di un delitto che ha già avuto sui media il colpevole, ma anche di una antropologia storico culturale tirando il cui bandolo si spiegano molti risvolti e si rivivono molte rabbie in nome del trionfo di una burocrazia giudiziaria europea che è stata la vera vittoriosa in questa impari lotta nell’ambiente di una triste e appassita dolce vita.
6 settembre 2023 (modifica il 6 settembre 2023 | 11:27)
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