Il Tar del Lazio ha annullato la circolare del Viminale del 18 novembre 2024 che vietava il self check-in, imponendo alle strutture ricettive il riconoscimento de visu degli ospiti, che quindi torna consentito. 

Lo rende noto l’Aigab, Associazione Italiana Gestori Affitti Brevi

I giudici hanno accolto il ricorso presentato dalla Federazione FARE (Associazioni Ricettività Extralberghiere). 

La sentenza, spiega Marco Celani, Presidente Aigab, si basa su due argomentazioni: “L’obbligo di identificazione de visu, interpretata come di persona, è in contrasto con la riduzione degli adempimenti amministrativi a carico di proprietari e imprese”. Inoltre “l’agire pubblico deve seguire un principio di proporzionalità per il quale per introdurre degli aggravi operativi o limitare delle libertà è necessario supportare con dati la necessità e la capacità della norma di risolvere un problema documentato”. 

 

“Siamo già in contatto con il Governo – riferisce ancora Celani – per mettere a disposizione il nostro know how al fine di ottenere un pieno riconoscimento delle tecnologie di riconoscimento da remoto utilizzate, dimostrando il nostro ruolo a supporto delle Istituzioni. Auspichiamo che il principio di proporzionalità ispiri l’agire di molte amministrazioni pubbliche locali che hanno abusato della circolare introducendo regolamenti che da oggi decadono, avendo nel frattempo causato malessere, costi e preoccupazioni a centinaia di migliaia di famiglie e imprenditori”.

La sintesi della sentenza

Oggi il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio ha ritenuto la circolare del Viminale “contrastante” con la riforma del 2011 e “non sufficientemente giustificata”.

Il provvedimento impugnato, risalente al 18 novembre 2024, obbligava i gestori a identificare fisicamente gli ospiti – un obbligo non previsto dalla legge e in contrasto con la riforma del 2011 che aveva già semplificato le procedure di registrazione.

Il TAR ha riconosciuto, in sintesi, che l’identificazione de visu non è prevista dall’art. 109 del TULPS; la misura era sproporzionata e non giustificata da necessità reali; la circolare violava i principi di legalità e parità di trattamento; l’onere imposto era eccessivo e dannoso soprattutto per il settore extralberghiero, che non dispone delle stesse risorse strutturali delle grandi strutture alberghiere.

Con questa sentenza, FARE ribadisce il suo ruolo di rappresentanza del comparto extralberghiero, a tutela della legalità, dell’innovazione e della competitività. “Non ci siamo mai opposti alle regole – afferma il presidente Rosciano – ma solo alle regole sbagliate. Le regole servono, ma devono essere adeguate ai tempi moderni, alle sfide che ci attendono, per rendere il turismo italiano sempre più attraente e competitivo sul mercato internazionale. Oggi possiamo dire che la giustizia ci ha dato ragione”.

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