I giudici, scrive la presidenza della Corte in una nota, dopo aver constatato “l’assenza sia del ‘pericolo per le parti’ che del ‘pericolo per l’accertamento dei fatti'”, ossia di due dei tre parametri posti a fondamento della valutazione, ha ritenuto decisivi “i moventi” che hanno portato l’ex barman ad accoltellare la compagna che di lì a poco gli avrebbe dato un figlio.
“Moventi o impulsi criminosi che – così come, nel giudizio di secondo grado, sono stati giudicati essenziali nell’economia del gravame e decisivi per la definizione di tutti i motivi di impugnazione – anche in questa (più circoscritta) sede di valutazione – si legge nel comunicato – , se rielaborati criticamente dall’interessato e portati a sua giustificazione della scelta di un percorso di riconciliazione, il che non è stato, sarebbero valsi a motivare la utilità di avvio avendo riguardo alla responsabilizzazione dell’autore dell’offesa”, che è il “fine primario dell’istituto giuridico della giustizia riparativa, unitamente al riconoscimento della vittima ed alla ricostituzione dei legami con la comunità”.
Per tanto, i motivi alla base dell’istanza presentata dall’avvocatessa Giulia Geradini, difensore di Impagnatiello, come la sua collaborazione alle indagini, il suo immediato riconoscimento di responsabilità e il “rincrescimento esternato” non appena si è presentato in aula all’inizio del processo di primo grado, sono stati ritenuti “irrilevanti” ai fini della valutazione “dell’ammissibilità all’invio” dell’uomo al programma di riparazione del danno.