Una stagione influenzale intensa come non mai, con oltre 16 milioni di casi documentati: un milione e mezzo in più dello scorso anno. 

Nell’intera stagione 2024-2025 i casi stimati di sindrome simil influenzale, rapportati all’intera popolazione italiana, sono stati circa 16.129.000: lo riporta l’ultimo rapporto di sorveglianza RespiVirNet dell’Iss che analizza i dati dell’ultima settimana dal 21 al 27 aprile.   

Durante l’ultima settimana la percentuale dei campioni risultati positivi per influenza risultava pari a 3,7%, che si traducono in 221mila casi, in ulteriore diminuzione rispetto alla settimana precedente (5,6%).

Secondo l’ultimo rapporto reso noto dall’Iss, i dati raccolti smentiscono così le stime di inizio stagione quando si prevedeva un impatto minore. 

Lo scorso anno, dopo un biennio in cui le misure di contrasto alla pandemia avevano spento la circolazione dei virus influenzali e di quelli respiratori in generale, un po’ ovunque si era osservata una stagione molto intensa: per questo in molti prevedevano per quest’anno un rallentamento che, però, non si è verificato. 

Tra le 26mila e 130mila le morti stimate negli Usa

Negli Stati Uniti già in pieno inverno c’era chi parlava della peggior stagione influenzale da decenni, e le stime elaborate a fine aprile dai Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) sembrano già confermarlo: si contano tra le 47 egli 82 milioni di persone colpite; tra 610mila e 1,3 milioni di ricoveri e tra 26mila e 130mila morti. Tra questi sono già confermati almeno 216 minori.   

A sua volta l’European Centre for Disease Preventionand Control (Ecdc) ha confermato che anche nell’Unione Europea e nello Spazio Economico Europeo quella 2024/2025 è stata “una stagione influenzale intensa”.  

Secondo Gianni Rezza, professore straordinario di Igiene all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, a giustificare i numeri record di quest’anno è soprattutto il mix di virus che sono circolati: “Lo scorso anno ci siamo confrontati soprattutto con virus dell’influenza A del tipo H1, responsabile di circa il 90% dei casi. 

Quest’anno non c’è stato un ceppo così dominante: “Un terzo dei casi è stato causato da virus influenzali A/H1, un terzo da virus A/H3 e un terzo da virus influenzali di tipo B. Ciò significa che un’ampia fetta della popolazione era suscettibile a questi agenti”, prosegue. A questi, poi, si aggiungono gli altri virus respiratori che circolano in inverno il cui impatto complessivo è maggiore dei virus influenzali. “Due su tutti hanno svolto un ruolo importante: il rhinovirus e il virus respiratorio sinciziale”, conclude Rezza.

 

Per l’influenza “è stata una  stagione pesante ma alla fine ben gestita, purtroppo però sugli over  65 non c’è stata una buona copertura vaccinale: siamo arrivati al 53%  mentre dovremmo arrivare almeno al 70%”. Così  l’epidemiologo Massimo Ciccozzi sulla chiusura del monitoraggio della sorveglianza epidemiologica.

“Ci sono stati mix di altri virus respiratori che hanno allungato  questa curva di sindromi influenzali. Abbiamo poi avuto anche polmoniti complesse dovute in molti casi alla sovrapposizione di quadri batterici”,

“Ma il dato ‘record’ dei casi di  sindromi simil-influenzali – specifica Ciccozzi – è anche frutto di una stanchezza vaccinale post pandemia Covid che ancora si trascina. Dovremmo – conclude – fare tutti di più per riavvicinare le persone ai criteri vaccinali: i vaccini vanno raccomandati a chi ne ha bisogno e non a tutti”.

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