«Interpreto il ruolo di padre ma io mi vedo come figlio»- Corriere.it

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di Stefania Ulivi

L’attore-rivelazione in «Aftersun»: un film sulla crescita personale. In attivo altri sei film con il divo irlandese, tra cui «The History of Sound» storia d’amore gay con Josh O’Connor

Il suo primo colpo di fortuna è stato un infortunio sui campi calcio gaelico che lo ha costretto a abbandonare la ben avviata carriera di difensore e provare un’altra strada, la recitazione. A 26 anni Paul Mescal è uno nomi più cool
della scena britannica, lanciato grazie al personaggio di Connell nella serie «
Normal people»
(per cui ha vinto un Bafta) e di nuovo in odore di premi grazie al ruolo cucitogli addosso dalla regista scozzese Charlotte Weels in «Aftersun» uno degli esordi più acclamati del 2022 (da oggi su Mubi, dopo l’anteprima a Cannes): Calum, un padre divorziato in vacanza in un resort della Turchia con la figlia undicenne Sophie (Francesca Corio).

«Lui è il primo a sottostimare la capacità di fare la cosa giusta, è pieno di insicurezze, trovo ci sia qualcosa di nobile nel suo modo di agire». È un piccolo grande film sulla memoria — i video di quella vacanza vent’anni dopo orientano i ricordi della ragazza, ormai adulta e madre di una bambina —, sui misteri e le frustrazioni delle relazioni affettive. «Non ho esperienza della paternità, mi vedo più come figlio, ma l’ho subito sentito vicino, ho ripensato ai miei sentimenti di ragazzo, mi ricordo alcuni momenti in cui sentivo le preoccupazioni dei miei. È il racconto di due coming of age
, di un giovane uomo e una adolescente».

È capitato tutto molto in fretta a Mescal. A Cannes si è trovato con due film, «Aftersun»
e «God’s Creature», nei panni del figlio di Emily Watson. «Non ci credevo neanche io, penso davvero di essere molto fortunato. Il primo colpaccio è stato aver finito la scuola di recitazione quando la Bbc faceva i casting per “Normal People”. Mi ha cambiato la prospettiva. È una serie speciale, non era ovvio che avesse quell’impatto. Credo che abbia toccato il pubblico nel profondo per le stesse ragioni per cui “Aftersun” sta piacendo: Connell e Calum sono esseri umani riconoscibili, come tuo padre, tuo fratello, un amico».

Un successo frutto della buona sorte, assicura lui, ma registi e colleghi lo descrivono come un secchione. Per «God’s Creature», ambientato in un villaggio di pescatori irlandese, ha fatto pratica in un allevamento di ostriche. Per uno dei nuovi film, «Carmen», opera prima da regista del coreografo francese Benjamin Millepied — libera rivisitazione dell’opera di Bizet ambientata tra Messico e California -—, ha imparato a suonare la chitarra e preso lezioni di boxe. Tra i suoi modelli cita attori come Adam Driver, Michelle Williams, Joaquin Phoenix. «Sono mostri di bravura, qualunque cosa facciano. Vorrei seguire il loro esempio».

Si sta dando da fare: sei film in arrivo tra cui «The History of Sound»
storia d’amore gay con Josh O’Connor, «Foe» di Garth Davis, al fianco di Saoirse Ronan («Il film con più alto budget che abbia mai fatto»), «Strangers» e «The End of Getting Lost» di Deniz Gamze Ergüven. Non chiude le porte a nulla. Ma senza fretta. «Marvel? Non ho preclusioni. C’è molta richiesta per questi film ma non credo che il cinema possa limitarsi solo ai blockbuster, serve spazio per le opere indipendenti». Lui lo trova anche per il palcoscenico. È in scena a Londra all’Almeida Theatre con «Un tram chiamato desiderio» di Tennessee Williams, nel ruolo reso leggendario da Marlon Brando, Stanley Kowalski. «Ero terrorizzato, certo. Come avrei potuto non esserlo?»

5 gennaio 2023 (modifica il 5 gennaio 2023 | 20:58)

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