Il 1° agosto e la minaccia dei dazi da parte degli Stati Uniti si avvicinano. Dalla proposta dirompente del 30%, ora Trump sarebbe disposto al scendere al 15%, con eccezioni positive o negative per alcuni settori. Per esempio sarebbe confermata la tariffa del 50% per l’acciaio.
C’è poi il tema delle esenzioni. In questo ambito la trattativa è ancora aperta e potrebbero essere salvati alcuni settori: i prodotti agricoli, gli alcolici, il legname e i dispositivi medici.
L’Unione a 27 vorrebbe poi che non fossero applicate tariffe alte su almeno tre prodotti: auto, farmaci e semiconduttori. In caso contrario, rischia di saltare l’intesa intera. Per questo motivo il comitato Barriere commerciali dell’Ue ha approvato un unico elenco da 93 miliardi di euro di prodotti Usa da colpire dal 7 agosto con dazi fino al 30%
L’incertezza è tale che le stime pessimistiche non mancano: secondo una simulazione del Centro Studi Confindustria, il conto da pagare nel caso di dazi al 15% sarebbe pari a 22,6 miliardi di minore export negli Usa per le imprese italiane. Addirittura secondo i tedeschi dell’Ifo un’azienda industriale su tre intervistata prevede un allontanamento dagli Stati Uniti dalle relazioni commerciali globali
Eppure non tutto sembra essere negativo: L’indice Pmi composito, che calcola le aspettative a tre mesi dei responsabili delle aziende europee, è salito a luglio a 51, ai massimi da 11 mesi e oltre le attese degli economisti, attestandosi sopra 50 – la soglia tra contrazione ed espansione. In crescita sia il settore servizi che quello manifatturiero.