Norberto Bobbio nel suo “Elogio della mitezza” scriveva: “Amo le persone miti, perché sono quelle che rendono più abitabile questa “aiuola”, tanto da farmi pensare che la città ideale non sia quella fantasticata e descritta sin nei più minuti particolari dagli utopisti, ma quella in cui la gentilezza dei costumi sia diventata una pratica universale”.

Il movimento mondiale della Gentilezza che si è tenuto a Palermo dal 17 al 20 ottobre, si è concluso ieri con incontri e dibattiti tra esperti, rappresentanti e ispiratori italiani e internazionali del Movimento provenienti da tutto il mondo, dall’Italia agli USA, dal Canada alla Svizzera, dal Regno Unito all’India e fino alla Nigeria. Slogan di questa XI assemblea è “Kindness will change the world”, la gentilezza cambierà il mondo. 

A Palermo è stato ospite anche il ministro della Giustizia Carlo Nordio che invita a una maggiore gentilezza anche nella giustizia: “La gentilezza è il prodotto di un sentimento profondo che nasce dalla cultura e dalla consapevolezza dei nostri limiti. Più che alle leggi noi dobbiamo guardare a chi amministra le leggi. Platone diceva che è meglio avere una legge brutta e un giudice bravo piuttosto che il contrario. Più che alle leggi mi rivolgerei agli ex colleghi magistrati. Ecco, mettersi nei panni di quelli che si trovano davanti a te. Soprattutto nell’ambito penale, perché l’imputato ricco o povero che sia, è sempre in una situazione di grande dolore e sofferenza. La legge deve essere applicata, il colpevole deve essere punito ma sempre trattato in un modo umano e potendo in un modo gentile”.

Natalia Re, presidente del movimento invita a realizzare concretamente la gentilezza: “Essere gentili dovrebbe essere naturalmente facile, poiché siamo già figli di un atto d’amore. Dovrebbe quindi essere intuitivo e naturale, ma nella concretezza della vita quotidiana con l’irrigidimento della nostra cultura lo spazio per la gentilezza diventa molto ristretto. E dunque il nostro invito è quello di allenarsi, a coltivarla giorno per giorno. Piccoli gesti, intra familiari ma anche personali come l’autogratificazione che può essere motore per accedere ad azioni concrete”.

Il più grande nemico della gentilezza è certamente il narcisismo, ma lo è anche in una società talmente frenetica la nostra incapacità, di prender tempo. E quel tempo corrisponde alla cura che possiamo tributare a noi stessi e dunque naturalmente poi agli altri”.

 

La gentilezza aiuta a star meglio? Secondo Giorgio Landoni, psicoanalista, sì, aiuta a star meglio, ma “si potrebbe capovolgere la domanda e dire se si sta meglio si è gentili? Valgono tutte e due le cose. Indubbiamente chi riesce a essere gentile vive meglio. Intendendo per gentilezza non l’abito formale, quello che vuol vendere qualcosa per forza di cose lo fa meglio se è gentile, a una situazione interiore, etica, dove mettiamo sotto controllo questo amore infinito per noi stessi che è al fondo della mente umana e lo sottoponiamo alla necessità del legame sociale senza il quale non accediamo al livello di esseri umani”.

“La gentilezza è una forma di rispetto, non dipende dall’età, se è più grande o più piccolo perché non ci siano discussioni, litigi, anche in famiglia”, per Giuseppe studente di 18 anni al liceo Ninni Cassarà di Palermo. “La malattia delle relazioni sociali – spiega – è essere troppo chiusi in se stessi, o non voler affrontare una discussione. Per esempio vuoi essere gentile con una persona, magari hai paura del riscontro di quella persona e quindi magari un po’ ti chiudi. Dipende da te, interagire è normale, lo facciamo quotidianamente. Quindi secondo me non è tanto una malattia o un blocco, un muro che ci impedisce di dialogare, è una cosa che dipende principalmente da noi”.

È possibile misurare gli effetti reali degli atti di gentilezza? Secondo lo studioso e ambasciatore di gentilezza Alan Williams, non solo la misurazione è un atto possibile, ma ha anche una precisa formula matematica che mette in relazione chi la pratica con l’ambiente circostante. È emerso nella giornata di apertura dei lavori. La scuola, la pubblica amministrazione, la cura della salute mentale e le  carceri tra i temi trattati per capire se, come recita il titolo dell’evento -“Kindness will change the world”- la gentilezza possa davvero cambiare il mondo.

“Abbiamo voluto studiare come la gentilezza si muove attraverso le reti, creando onde di cambiamento positivo” ha detto Alan Williams che all’assemblea ha presentato l’Equazione della gentilezza, una formula che può essere utilizzata per valutare un atto di gentilezza scomponendolo nelle sue componenti principali.

“Nella sua forma più semplice – ha spiegato Williams – l’equazione della gentilezza spiega come una combinazione di prontezza, espressione e impatto si combinano in un atto di gentilezza che può quindi diffondersi tramite l’effetto a catena per creare potenzialmente gentilezza fino all’infinito“. Una nuova prospettiva, quindi, su come funziona la gentilezza, misurando non solo l’atto iniziale ma anche il suo impatto esteso. L’equazione introduce, infatti, il concetto di “splash”, il beneficio reciproco fra chi dona gentilezza e l’ambiente circostante.

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