La figlia di Isabelle Huppert nel film sul grande scrittore russo. «Il fulcro della storia è in una colonia penale della Siberia». L’attrice è anche la musa di Caravaggio nella pellicola di Michele Placido: «Nuda e distesa su una tavola di legno. Ma solo per una giornata»

Vivere all’ombra di un genio. Questa è stata la vita di Macha Cechov, sorella del grande scrittore russo, ora portata sullo schermo da Lolita Chammah, 39 anni, figlia di Isabelle Huppert. Anton Cechov è il film dello scomparso René Feret, protagonista Nicolas Giraud, in uscita il 26 per Wanted.
«Ha sacrificato la sua vita per dedicarsi al fratello e prendersi cura della famiglia. Suonava il pianoforte, aveva talento come pittrice. Ma nell’800 c’era un’altra visione dell’umanità e dei rapporti tra uomini e donne».
«Diceva che la medicina era sua moglie, la letteratura la sua amante: quando si stancava di una, andava con l’altra. Mi chiede cosa rappresentasse allora la sorella? Era un po’ come una madre, il suo punto di riferimento, era la stabilità. Recito spesso la solitudine, donne che sono o sembrano di epoche lontane».
Il fulcro del film è la visita dello scrittore in Siberia.
«Sull’isola di Sakhalin, nella colonia penale, voleva raccontare le condizioni di privazione dei detenuti, che avevano i figli accanto a loro. Di notte i bambini dormivano con i prigionieri e le guardie, tutti in un mucchio insieme. Cechov era un umanista, il suo sguardo era nel dolore degli altri, conosceva la compassione, vide un livello di sofferenza insopportabile e al ritorno disse, se non fossi andato sarei ancora convinto della mia inutilità».
Lei è nel film «L’ombra di Caravaggio» di Michele Placido.
«Sono una prostituta e la sua musa, Annuccia, personaggio bellissimo che gli ispirò la Morte della vergine, il dipinto conservato al Louvre».
Placido di lei dice che…
«Sì lo so, che sono stata professionale e paziente nello stare nuda, distesa su un tavolo di legno, per otto ore. Ma era una sola giornata, non una settimana. Non mi è sembrata una cosa pazzesca. E il nudo per fortuna non fa più notizia. Caravaggio è legato alla sessualità, alla nudità, alla carnalità. La sua è la pittura del corpo e della luce».
Nel film c’è anche sua madre, Isabelle Huppert.
«Ma non avevamo scene insieme. È il nostro quarto film insieme. Quando capita ci diverte, siamo rilassate. La vita è più forte del lavoro. Non restiamo attaccate ai personaggi. Ho un figlio di dieci anni e mia madre, come nonna, è molto presente. Io sono più istintiva, lei più cerebrale. Dice che la vera figlia è lei? Mah, penso sia amore per i paradossi, che fa parte della cultura francese. Io sono leggera e riflessiva, analitica. Mi sento molto italiana, ho studiato la vostra lingua al liceo».
Frequenta le attrici italiane che vivono a Parigi?
«Solo Valeria Bruni Tedeschi. Abbiamo condiviso il teatro. Adoro la sua sensibilità, come porta al cinema le sue nevrosi e angosce. Non ha paura di se stessa, delle ferite e delle sconfitte. Questo ne fa un’attrice e una regista interessante. E poi c’è un senso di mistero in lei. Siamo abbastanza simili».
Valeria ha difeso il suo giovane fidanzato, Sofiane Bennacer, accusato di violenza sessuale.
«In Francia è un caso che si è afflosciato dopo due giorni, e il mio Paese è molto duro su queste vicende. Tra i lasciti del Me Too, da noi c’è una minore soggezione ai canoni estetici, una minore ossessione per la perfezione del corpo. C’è più naturalezza e consapevolezza. La rivoluzione è appena cominciata. È una guerra che dobbiamo combattere uomini e donne insieme. Dovremo arrivare a una riconciliazione fra i sessi, prima o poi. Ma non sarà suggerita dal mio prossimo ruolo».
«Sono l’assistente di un diplomatico americano al consolato francese che nel 1940 diventa una spia dei nazisti. L’intellettuale Varian Fry andò a Marsiglia con un elenco di artisti e scrittori in pericolo che voleva salvare, procurandosi documenti falsi: Marc Chagall e Marcel Duchamp, Max Ernst e Hannah Arendt. È una serie Netflix intitolata Transatlantic, creata da Anna Winger ed è ispirata alle vere avventure di Emergency Rescue Committee. Fu una corsa contro il tempo. Ci volle un coraggio straordinario».
«Non è un nome d’arte anche se lo sembra, mi piace, mi fa pensare a una freschezza che si rinnova. I miei (il padre è il produttore Ronald Chammah, ndr) volevano rendere un piccolo omaggio a Nabokov e Kubrick».
26 gennaio 2023 (modifica il 26 gennaio 2023 | 20:43)
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