Ramy Elgaml sarebbe morto nel giro di pochi minuti per una lesione all’aorta. È quanto si apprende sull’autopsia disposta dal pm Marco Cirigliano sul cadavere del 19enne egiziano deceduto all’alba di domenica a Milano dopo l’inseguimento durato 8 chilometri in piena notte fra una gazzella del radiomobile dei carabinieri e lo scooter su cui il giovane viaggiava assieme a un amico 22enne, ancora ricoverato in coma al Policlinico. Dai primi riscontri che emergono dagli esami dei medici legali, non è chiaro se la causa della morte sia da additare all’impatto contro l’asfalto e il muretto lungo la svolta a sinistra fra via Ripamonti e via Quaranta oppure perché travolto, dopo essere caduto e sbalzato dalla moto, dal semaforo su cui si sono schiantati i militari che lo inseguivano. Il vicebrigadiere alla guida del mezzo è indagato per omicidio stradale in concorso, anche come atto a sua tutela.

Il padre: “Non è il momento di fare una fiaccolata. Nostro figlio sarà sepolto in Italia”
“Non è il momento di fare una fiaccolata, quando bendiamo Ramy andremo al cimitero. Se vogliono fare una fiaccolata non c’è problema ma noi siamo lontani da questa cosa, restiamo a casa”. E’ quanto ha detto Yehia Elgaml, il padre di Ramy, a proposito di una fiaccolata proposta dagli amici del figlio. “Ho mandato un messaggio per questi ragazzi che fanno casino – ha aggiunto fuori dall’obitorio dove è stata eseguita l’autopsia – noi siamo lontani da questa cosa. Ho detto basta violenza, non accendete fuochi nelle strade perché Ramy non vuole questa cosa. Per favore, lasciate stare le brutte figure, non fate niente”.
“Io ho fiducia nella giustizia, ho fiducia nei carabinieri, ho fiducia nella polizia italiana, nella polizia locale, io ho fiducia in tutti e rispetto tutti”, ha aggiunto il padre, spiegando che quella di oggi “è una giornata difficilissima, io sono senza il pezzo più grande del mio cuore”. 

“Nostro figlio Ramy verrà sepolto in Italia, a Milano, che era la sua città”. Lo ha detto all’ANSA Yehia Elgaml, il padre del 19enne.” Ramy starà qui con noi, al campo 3del cimitero di Bruzzano” ha precisato l’uomo. Nell’area cimiteriale nella periferia nord del capoluogo lombardo sono presenti 800 sepolture e un ossario, orientati verso la Mecca come prescrive la religione islamica.

 

La fidanzata: “Vogliamo sapere perché”
“Non vogliamo niente, non cerchiamo soldi, niente, vogliamo solo giustizia e verità, vogliamo sapere cosa è successo al nostro Ramy. Vogliamo sapere se ce l’hanno portato via, se ce l’ha portato via davvero qualcuno, vogliamo delle risposte perché adesso abbiamo solo un grande punto di domanda”. Lo ha detto la fidanzata di Ramy, Neda, 19 anni, in un video realizzato dal presidente della comunità egiziana, Aly Harhash: “Se c’è qualcuno che ha sbagliato – ha aggiunto – paghi”.  Neda descrive Ramy come un ragazzo che si svegliava alle sei del mattino, tornava alle sei di sera, lavorava, era stanco, nel fine settimana usciva con gli amici “andava a mangiare qualcosa, faceva un giro e tornava a casa”. Anche Neda, come già i genitori del 19enne, ha espresso fiducia nell’operato della magistratura: “Sono convinta ora come ora che la magistratura ci farà sapere, che sono dalla nostra parte. Chiediamo all’autorità solo di essere sinceri. E se qualcuno ha sbagliato che paghi, anche Ramy ha fatto i suoi errori e adesso sta pagando”. “Io non troverò mai più nessuno come Ramy – ha detto visibilmente scossa – non la supererò mai.”.

 

Ancora in come il 22enne che guidava la moto 

E’ ancora ricoverato in gravissime condizioni in ospedale il giovane italiano, 22 anni e originario della Tunisia, che la notte tra sabato e domenica scorsi era alla guida dello scooter che, al termine di un inseguimento per non essersi fermato a un posto di blocco dei carabinieri, si è schiantato contro un muretto in via Quaranta, in zona Corvetto, a Milano. Nell’incidente è morto il passeggero, Ramy Elgaml, il 19enne egiziano.
Il 22enne, da quanto risulta, in coma, ventilato meccanicamente, in attesa di un eventuale intervento è agli arresti domiciliari al Policlinico. Il gip Marta Pollicino, infatti, nei giorni scorsi ha convalidato l’arresto, per resistenza a pubblico ufficiale nei confronti del ragazzo e ha diposto i domiciliari a casa della sorella dove si trasferità quando sarà dimesso dall’ospedale milanese. Il giudice, che non ha ancora potuto interrogarlo, al momento non ha potuto dare esecuzione al provvedimento in assenza della firma dell’indagato. 

 

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