Un testimone ha pensato allo scoppio della guerra. Altri tremano raccontando il boato, udito a chilometri: “Come una bomba”. L’incidente, avvenuto nello stabilimento Eni di Calenzano, racconta una tragedia che avrebbe potuto avere conseguenze più gravi. Disgrazia o errore, la consuetudine di un’azione ripetuta quotidianamente si è trasformata in strage. Nel mirino della Procura c’è un’autocisterna impegnata a fare rifornimento sotto un silos, dove è stoccato il carburante. Testimoni parlano di una perdita, visibile a occhio nudo, entrata probabilmente in contatto con una “scintilla”. E quando questo accade, l’inimmaginabile diventa reale. L’esplosione devastante avvenuta nella raffineria di Calenzano ha, a sua volta, generato un’onda d’urto che si è propagata in un raggio di 300 metri frantumando i vetri delle fabbriche vicine. Il bilancio è di 4 morti, 1 disperso, e numerosi feriti (di cui due critici) in parte dimessi.

Sono le 10:21 quando Calenzano si chiude in un incubo. Dalla raffineria dell’Eni, una palla di fuoco brucia ciò che trova. Il fumo, visibile dai comuni vicini, anima il panico generale nei dintorni del nucleo industriale dove sono presenti anche delle abitazioni. Le autorità locali chiudono l’A1, si fermano i treni, e vengono allertati gli ospedali. Il “fatto” è grave, lo dice il sindaco e successivamente il governatore Eugenio Giani mette in guardia la popolazione: “Chiudete le finestre e gli impianti di ventilazione”. La Protezione Civile fa il suo con un alert che raggiunge gli utenti mobile agganciati alle celle presenti in un raggio di 5 Km dall’incidente e distribuisce mascherine. Nel frattempo i soccorsi intervengono, circoscrivono le fiamme, rassicurano sulla qualità dell’aria, e identificano il corpo di una delle vittime: è un autotrasportatore di 51 anni. Gli altri morti – i cui corpi sono stati rinvenuti nell’area della pensilina di carico, carbonizzata – non sono stati ancora resi noti. La loro età va dai 46 ai 62 anni.

Esplosione in un deposito carburanti dell’Eni a Calenzano 09/12/24 (Ansa)

Monia Monni, assessore regionale della Protezione Civile, si fa portavoce di un’ipotesi elaborata dal gruppo di Arpat Toscana. L’Agenzia regionale avrebbe raccolto informazioni tali da presupporre la presenza di una “nube di vapore infiammabile”, sviluppata dalla raffineria, che si sarebbe spostata fino a trovare un innesco. Uno “spunto” per intenderci più banalmente attribuibile a un cellulare o dispositivi similari. Ricostruzione, se confermata, che lascerebbe cinicamente spazio all’idea di una una “tragedia” che avrebbe potuto avere potenzialità ancor più devastanti. In quest’area di terra confinata tra Firenze e Prato, dove è venuto giù un edificio adibito a stazione di riferimento e parte della palazzina direzionale, sono presenti depositi con 160 mila tonnellate di combustibile stoccati

In attesa di ulteriori sviluppi e con Calenzano a lutto, gli operai delle vicine fabbriche Eni hanno scioperato. Più di 500 persone hanno incrociato le braccia per due ore, con assemblea e relativo presidio, davanti alla raffineria di Livorno. C’è sgomento – dicono le varie sigle sindacali aderenti – “per quei lavoratori e per le loro famiglie. Questa è una guerra silenziosa che sembra non finire mai e suscita interesse sempre solo dopo tragedie come questa”. A Calenzano si cerca ancora tra le macerie, si contano i danni e ci si interroga sul futuro e sulla sicurezza del deposito.

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