l generale libico Najeem Osema Almasri è stato liberato per inerzia del ministro della Giustizia”. Non usa giri di parole l’Associazione nazionale magistrati nel rispondere a quanto affermato sabato dalla premier Meloni da Gedda.

Intervenendo sulla vicenda dell’uomo fermato a Torino il 19 gennaio, in esecuzione di un mandato della Corte penale internazionale e poi scarcerato dalla Corte d’Appello di Roma due giorni dopo, la presidente del Consiglio ha affermato che la liberazione “non è stata una scelta dell’Esecutivo ma è avvenuta su disposizione della magistratura“. Il comandante è stato poi espulso dal territorio italiano perché “soggetto pericoloso“.

Il sindacato delle toghe va però all’attacco: la giunta esecutiva centrale dell’Anm afferma infatti che il ministro Nordio “avrebbe potuto – perché notiziato dalla polizia giudiziaria il 19 gennaio e dalla Corte d’appello di Roma il 20 gennaio – e dovuto, per rispetto degli obblighi internazionali, chiederne la custodia cautelare in vista della consegna alla Corte penale internazionale che aveva spiccato, nei suoi confronti, mandato di cattura per crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi nella prigione di Mittiga (Libia)”.

Per l’Anm la scelta su Almasri è, qundi, “politica” e assunta nel “nel silenzio del Guardasigilli, il solo deputato a domandare all’autorità giudiziaria una misura coercitiva”. Mercoledì, intanto, il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, tornerà alla Camera per una informativa sulla vicenda.

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