«Le nuotatrici», la tragedia dei migranti in una storia vera a lieto fine (voto 7)- Corriere.it

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di Maurizio Porro

Su Netflix un film amaro, ma misurato che parla di ingiustizie e viaggi verso l’ignoto, di storie umane e sportive

“Le nuotatrici”, produzione anglo americana diretta da Sally El Hosaini, è uno di quei film pieni di disavventure umane che devi andare a cercare su Netflix perché non sono promossi dal marketing in quanto non fischiettano sulla V strada né raccontano amori in epoca vittoriana, né interni con case di nobili, ma sono in agguato per rubarti una giusta emozione e una inevitabile commozione. Ma con quella tragedia appena accaduta sulle coste calabre presso Crotone diventa un memorandum sulla nostra storia, sul problema dei migranti di sempre più lontana soluzione.

Rispetto alla realtà, questa storia, pur davvero accaduta, ha un happy end. È un film amaro ma misurato, con tutti gli optional della verità, che parla di migranti e ingiustizie, fatiche, viaggi verso l’ignoto, proprio come un pezzo di cronaca diretta che siamo ormai abituati (bruttissimo verbo) a sentire nei tiggì. Ma la storia umana e sportiva mescolate insieme è comunque riprodotta con fedeltà e misura, senza retorica né pietismo, se mai tifando assai per la vittoria, che puntualmente avviene nella seconda parte del filmato che si distingue molto dalla prima perché si basa sulle Olimpiadi di nuoto di Rio del 2016, dove l’atleta siriana ha un grande successo personale.

Se si aggiunge che appunto l’avventura va a finire bene, potete tranquillamente vedere ed emozionarvi per “Le nuotatrici”, perché è un film utile alla comprensione di tanti fenomeni di oggi e anche un antidoto contro certi orgogliosi diktat su salvataggi in mare, resi oggi sempre più difficili, in oltraggio a qualunque fattore umano. Il valore aggiunto è che la storia delle due sorelle siriane Yusna e Sarah Mardini è incredibilmente vera (come le due sorelle tenniste americane del film con Will Smith), giacchè il cammino della speranza prima dalla martoriata patria bombardata in guerra fino alla Turchia, poi in Grecia, nel piccolo gommone stracarico da Smirne a Lesbo, infine in Germania, è davvero un viaggio che si teme senza ritorno, oltre ai pericoli anche quando sono “al riparo” in Europa.

Ridotti al minimo, resi un po’ stereotipati i risvolti psicologici e familiari col computer che salva i contatti mentre le iniziali perplessità paterne sono vinte da un cugino che si offre come accompagnatore, il film si basa sulla determinazione e sui sogni dei momenti gloria di una delle due sorelle. E’ quella destinata alla fuga per la vittoria, Sarah, che nuota non per la Siria ma per la Nazionale Rifugiati. Vittoria, come si è detto, ma i titoli di coda ci informano che i guai non finiscono qui e che l’altra sorella nel 2018 sarà arrestata mentre presta soccorso a una nave piena di migranti come lo era stata la sua: ma questa parte è certo sacrificata in onore della sfida sportiva che segue il classico iter dei molti film che raccontano le gare, proprio come quelli che parlano della preparazione d’uno spettacolo. Nel cast pare ci siano anche alcuni rifugiati che sono stati chiamati a rivivere di nuovo il loro incubo, sfilando da comparse sulla chorus line della più straziante e irrisolvibile tragedia del mondo contemporaneo.

1 marzo 2023 (modifica il 1 marzo 2023 | 10:34)

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