Cinquantamila persone sfilano per le vie del centro storico di Trapani, ora in piazza Vittorio Emanuele. Lo scrive in una nota l’associazione Libera. Secondo fonti della questura della città, questo il numero di partecipanti alla XXX Giornata della memoria e dell’impegno per le vittime innocenti di mafia. La Giornata è promossa dall’associazione presieduta da don Luigi Ciotti alla presenza di oltre 500 familiari di vittime innocenti provenienti da tutta Italia. Attualmente sta avvenendo la lettura dei nomi delle vittime, 1101 persone. In piazza Vittorio Emanuele, dove è allestito il palco, sono arrivati anche gli ex procuratori nazionali antimafia Pietro Grasso e Federico Cafiero De Raho.

“Non dobbiamo dimenticare che l’80% dei familiari non conosce la verità o ne conosce solo una parte. Eppure le verità passeggiano per le vie della nostra città, c’è chi ha visto, c’è chi sa”. A dirlo è don Luigi Ciotti, fondatore dell’associazione Libera, per ribadire che ci sono ancora troppi nodi da sciogliere perché si possa parlare di vera giustizia quando di mezzo ci sono vittime per mano mafiosa. Tantissimi i giovani presenti alla marcia aperta da una grande bandiera della pace e dai sindaci con la fascia tricolore.

 

Gli studenti in piazza: “Ci dobbiamo ribellare”

“Ribellati!”: È con questa parola d’ordine che oggi studenti e giovani di tutto il Paese scendono in piazza per commemorare le vittime innocenti delle mafie e per ribadire che la lotta alla criminalità organizzata è una battaglia ancora aperta. Martina Lembo Fazio, delegata antimafia dell’Unione degli Studenti, dichiara: “Oggi siamo qui non solo per ricordare chi ha perso la vita per mano della mafia, ma anche per affermare con forza che il problema della criminalità organizzata è tutt’altro che superato. Le mafie continuano ad affliggere i nostri territori, si trasformano, cambiano volto, ma restano una minaccia concreta per la nostra società”. 

Le strade di Trapani questa mattina si riempiono di giovani in corteo, un segnale forte che richiama l’urgenza di un cambiamento. La scelta della Sicilia come luogo simbolo della manifestazione non è casuale: rappresenta una sfida e un’opportunità per costruire una società libera dalla violenza mafiosa e dall’omertà. “Oggi, come Unione degli Studenti, Link Coordinamento Universitario e Rete della Conoscenza, scendiamo in piazza con lo slogan ‘Ci dobbiamo ribellare!’ perché davanti alla mafia non possiamo restare immobili. La criminalità organizzata si è evoluta nel tempo: non la vediamo più in modo plateale, ma questo non significa che sia scomparsa,” aggiunge Simone Cigliano della Rete della Conoscenza.

Un momento del corteo per le vie di Trapani (X)

21/03/2025

La lunga lista delle 1101 vittime di mafia

Una lunga e drammatica lettura: i nomi di 1101 vittime delle mafie sono stati scanditi a più voci dal palco. Erano circa 300 i nomi letti in piazza del Campidoglio il 21 marzo 1996, durante la I Giornata della memoria. Dopo trent’anni sono diventati oltre 1100: semplici cittadini, magistrati, giornalisti, appartenenti alle forze dell’ordine, sacerdoti, imprenditori, sindacalisti, esponenti politici e amministratori locali uccisi per mano delle mafie solo perchè, con rigore, hanno compiuto il loro dovere. Alla fine, l’intervento di Luigi Ciotti che ha già ricordato che l’80% delle famiglie delle vittime “sono ancora senza verità e giustizia”.

I nuovi nomi inseriti quest’anno in elenco sono 20, di cui 11 donne e 5 minori. Molte sono storie del passato, avvenute soprattutto tra gli anni ’80 e ’90 e riemerse dopo anni di oblio. Altre, invece, sono state apprese dalla cronaca degli ultimi anni, a dimostrazione di come in alcuni territori le mafie continuino a sparare. Il primo nome del lungo elenco è stato quello di Giuseppe Montalbano, medico, politico e patriota: fu ucciso la sera del 3 marzo 1861 per aver difeso la terra dei contadini contro le usurpazioni del ceto agrario e baronale.

Si tratta di storie, in quei 1101 nomi, che ripercorrono tutta la storia d’Italia, dall’Unità fino all’anno scorso. In totale, le donne vittime della violenza mafiosa sono 145, alcune colpite da proiettili vaganti, altre vittime di vendette trasversali, uccise per legami parentali con uomini di mafia, ma del tutto estranee agli affari del clan. Altre, ancora, sono donne uccise per essersi opposte al potere economico, politico, sociale e ‘culturale’ delle mafie. Amministratrici pubbliche, magistrate, poliziotte, ma anche donne provenienti da contesti mafiosi che si sono ribellate alla “cultura mafiosa”, finalizzata a costruire dei legami basati esclusivamente su rapporti di forza, violenza e sopraffazione.

Sono 120 i nomi di bambini uccisi, la più piccola è Caterina Nencioni, 50 giorni, uccisa dalle bombe di via dei Georgofili, insieme a tutta la sua famiglia e al giovane Dario Capolicchio, nel 1993.

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