Per scoprire chi ha ucciso Sharon Verzeni, accoltellata in strada a Terno d’Isola dopo la mezzanotte del 30 luglio, gli investigatori puntano anche sulla carta degli esami scientifici e delle tracce biologiche. E così, mentre il Ris di Parma sta analizzando gli abiti indossati dalla trentatreenne e le tracce trovate sul suo corpo, gli investigatori hanno iniziato a profilare il Dna di diversi abitanti della cittadina bergamasca, in particolare quelli che abitano in via Castegnate, dove è avvenuto il delitto. “Hanno fatto il test del Dna a mia moglie e anche io mi sono sottoposto quando me l’hanno chiesto – ha riferito uno degli abitanti all’ Eco di Bergamo – Per il test siamo andati in caserma. Nessun problema, non abbiamo nulla da nascondere. Anzi, ben vengano questi controlli”. Le profilazioni continueranno anche nei prossimi giorni, una procedura che non può non far venire in mente il caso di Yara Gambirasio, la tredicenne scomparsa nel novembre 2010 e ritrovata cadavere tre mesi dopo in un campo a Chignolo d’Isola (solo tre chilometri da Terno), in cui vennero profilati oltre 22 mila Dna per arrivare all’identità del suo assassino. Caso per cui venne condannato Massimo Bossetti.
Nessuno ha visto l’assassino di Sharon scappare, anche se i primi testimoni sono arrivati poco dopo l’aggressione. Una ipotesi al vaglio potrebbe quindi essere quella che la persona abiti nelle vicinanze. Continuano comunque anche gli accertamenti sul traffico telefonico di Sharon prima dell’aggressione.
Anche i filmati delle telecamere della zona di via Castegnate a Terno d’Isola delle due serate precedenti all’omicidio di Sharon Verzeni sono stati visionati dai carabinieri che stanno cercando di far luce sul delitto. In questo modo gli inquirenti vogliono capire se effettivamente la donna facesse sempre quello stesso tragitto e se la passeggiata serale, anzi notturna, fosse davvero un’abitudine come evidenziato dal compagno Sergio Ruocco e dagli altri parenti, per capire se l’assassino fosse in qualche modo a conoscenza delle sue abitudini.
Due giorni fa Ruocco è stato sentito di nuovo in caserma, dov’è rimasto per oltre cinque ore. Continua a non essere indagato perché il suo alibi, l’esser rimasto a casa, a letto, è stato confermato. “Purtroppo non credo di essere stato di grande aiuto. Mi hanno chiesto le solite cose, come andava tra noi, come era la vita di Sharon, anche dei suoi rapporti al lavoro” ha detto dopo l’interrogatorio Ruocco, che stavolta non è andato a casa dei futuri suoceri ma dai propri genitori. Dai filmati visionati, perlomeno nelle due sere precedenti all’omicidio, non si vedono però né Sharon né il compagno che, a suo dire, spesso la accompagnava in queste camminate consigliate alla donna dal dietologo. La domanda che si stanno ponendo investigatori ed inquirenti è quindi come abbia fatto l’assassino a posizionarsi, proprio in un punto non coperto direttamente dalle telecamere della zona, e a colpire Sharon senza avere la certezza che passasse proprio quella notte. E perché. La trentatreenne indossava gli auricolari e non ha neppure fatto in tempo a difendersi: non si è trattato di una rapina, non di un litigio sfociato nell’accoltellamento. Quando è stata colpita, Sharon è riuscita a telefonare al 112 e a chiedere aiuto, spiegando di essere stata accoltellata, senza fornire indicazioni ulteriori all’operatore che ha risposto. Il suo quadro clinico è poi rapidamente degenerato e dopo qualche ora Sharon è morta.
Il compagno Sergio Ruocco con i genitori di Sharon Verzeni (Ansa)