BARBIE. Nelle sale
forse un delitto di lesa maest trasformare Barbie, la bambola pi famosa dal tempo dei dinosauri, in un’eroina femminista, autrice di un rivoluzionario manifesto contro regole, pregiudizi, discriminazioni di genere, malintesi esistenziali? Si tratta di una revisione azzardata, come per certe opere liriche che l’appassionato esige di vedere nella loro dimensione originaria di nobile vetust? un passo pi lungo della gamba, in nome di un’innovazione strong dei contenuti che rischia di distruggere pi che di costruire? O solo lo stravolgimento arbitrario del personaggio, delizioso oltre ogni possibile critica e che gi contiene in s i segni di un’epoca?
Niente di tutto questo. Barbie un film gradevole e bizzarro, un ultra-blockbuster inequivocabilmente d’autore, nel senso che non si limita alla rappresentazione di un fenomeno commerciale con cui tutti di riffa o di raffa abbiamo fatto i conti, ma tenta anche di scoprirne significati e implicazioni. Come gi fece intendere con Lady Bird e Piccole donne, a Greta Gerwig interessa il punto di vista femminile, anche se espresso da una bambola vamp dall’anima armocromatica. Il film un gioco di sceneggiatura, ora brillante, arguto, controcorrente ora insistito e ripetitivo, di cui la Gerwig autrice con il compagno Noah Baumbach, e in cui entrano temi come i rapporti tra madre e figlia, il sentirsi inadeguati di fronte ad inarrivabili modelli comuni, il recupero di umanit in un’epoca di artificial-correct, il senso di dipendenza reciproco tra uomini e donne o, meglio, tra esseri umani.
In chiave metaforica, il racconto della contrapposizione tra l’esercito delle Barbie e la legione dei Ken, il cui leader biondo e muscoloso viene definito un bel concentrato di proteine. Il campo di battaglia Barbieland, il villaggio perfetto dai colori pastello con prevalenza di rosa-confetto, dove tutto funziona e da dove la bambola con i capelli color del grano e la pelle di luna viene cacciata perch malfunzionante (ma vi pare?). Il paesello rosa, fotografato da Rodrigo Prieto, promette di diventare un’immagine cult del cinema: oltre le mode, i modelli virtuali, le forme e gli spazi di approfondimento. Barbie raccoglie pensieri di morte dall’universo degli umani e questo rompe la pseudo felicit dell’incantesimo. Il mondo aumentato e digitalizzato si confronta con un mondo reale che assomiglia ad Hollywood, la fabbrica dei sogni, delle illusioni (e delle delusioni). L, nel mondo reale, Barbie povera anima trova rifugio, inseguita da Ken sempre un cicinin tontarello, e trasforma la minaccia in una fiaba moderna, barocchissima, anticonvenzionale. Barbie non la solita principessa Disney: una donna di plastica costretta a uscire dal guscio e a riconquistarsi una posizione sociale.
Lei bellissima, ma subisce body shaming e fuori dalla comfort zone si scopre penalizzata e spaesata. Ken non un boyfriend a cui dedicarsi come a un paziente consorte, ma un amico biondo, un contraltare maschile. Nell’incipit la super bambola irrompe tra i pupazzi e i giochi di legno dei bambini come il monolite di 2001: Odissea nello spazio.
Il progetto Barbie nato da un’idea di Margot Robbie che, con la Warner aveva acquistato i diritti del film. Gerwig dice che all’inizio era terrorizzata. Barbie non un supereroe da raccontare. un’icona del Ventesimo secolo. Cos chiese aiuto al compagno, Noah Baumbach, anche lui regista, spingendolo a emozionarsi. L’adattamento nato durante la pandemia, con quella sensazione di essere soli nelle nostre piccole scatole. C’era l’intenzione di fare qualcosa di anarchico, dice Gerwig. In effetti, il film ha contorni netti, ma una sostanziale deregulation di significati. L’orizzonte cambia profilo quando i piedi di Barbie diventano piatti e non sopportano i tacchi a spillo, quando la doccia fredda e il pane tostato brucia. A met di un elaborato numero di danza, Robbie chiede: Pensate mai di morire?. La ragazzina che dovrebbe amarla l’accusa: Sei fascista, un simbolo del capitalismo.
Barbie venne creata nel 1959 da Ruth Handler, co-fondatrice della Mattel (che ricompare come un fantasma nel film). Da allora una presenza irrinunciabile nell’universo fantastico femminile. Gerwig descrive il percorso di formazione di una ragazza sintetica, fuori parte, una specie di Pinocchio che da burattino indisciplinato diventa un adorabile bambino. Dunque, l’analisi di una metamorfosi: Gerwig, nata a Sacramento, California, nel 1983, descrive l’infanzia come un momento in cui sei in pace con il mondo mentre l’adolescenza l’istante in cui capisci di non esserlo pi. Davvero convincenti gli interpreti: anzitutto Margot Robbie, che viene da una splendida caratterizzazione di Harley Quinn, la fidanzata di Joker. Ma piace anche la disinvoltura di Ryan Gosling, alle prese con il non facile personaggio di Ken il fusto giuggiolone.
BARBIE di Greta Gerwig
(Usa-Canada, 2023, durata 114’)
con Margot Robbie, Ryan Gosling, America Ferrera, Kate McKinnon, Michael Cera, Arian Greenblatt, Issa Rae
Giudizio: *** su 5
Nelle sale
22 luglio 2023 | 09:23
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