Dopo l’introduzione della legge che ha reso un reato la maternità surrogata all’estero, la ministra della Famiglia Eugenia Roccella ha precisato il suo pensiero sulla questione delle denunce dei medici. Lo ha fatto rispondendo durante il question time a una interrogazione del deputato Riccardo Magi sulle dichiarazioni relative ad asseriti obblighi per i medici derivanti dalla recente normativa in materia di perseguibilità del reato di surrogazione di maternità commesso all’estero.
“Non ho mai istigato nessuno a denunciare né i medici, né altri. Penso che se una legge non piace, si fa una battaglia per cambiarla o si fa disobbedienza civile, assumendosene le conseguenze. Non si cerca di eluderla o di aggirarla”, ha detto Roccella.
“Interpellata al volo, a margine di un evento che riguardava un altro tema, ho detto un’ovvietà”, cioè “che i pubblici ufficiali – e i medici possono essere fra questi – segnalano eventuali violazioni delle leggi”, ha spiegato, ricordando che “per i medici, il codice penale prescrive sia la segnalazione della notizia di reato, sia un’eccezione nel caso in cui il paziente possa avere conseguenze penali. A nessuno però verrebbe in mente di parlare di ‘delazione’ quando i medici esercitano questa responsabilità di fronte, per esempio, a sospetti casi di violenza, di abuso su minori, di incidenti sul lavoro, o ancora di obbligo vaccinale, o di traffico di organi. La verità è che l’utero in affitto da alcuni non è percepito come reato e neanche come un disvalore”.
“La nostra legge è stata salutata con entusiasmo, per esempio dalle reti internazionali del femminismo abolizionista, che ritengono, come la Cassazione e la Consulta, che la maternità surrogata sia un orrore e che la nostra legge sia un atto di grande civiltà”, ha proseguito la ministra.
“Conosciamo il giro vertiginoso di denaro che c’è dietro il mercato della maternità – ha proseguito Roccella – la disumanità dei contratti per le gestanti, la venatura razzista dei cataloghi, dove si può scegliere il colore della pelle e dove gli ovociti delle donne di colore costano molto meno di quelli delle bianche”.
Si tratta quindi di una pratica che “per la Corte Costituzionale ‘mina nel profondo le relazioni umane’. E che per la Corte di Cassazione riduce il corpo della donna ‘a incubatrice meccanica’ assecondando un’inaccettabile mercificazione del corpo. Una pratica, cito sempre la Cassazione, che ‘offende in modo intollerabile la dignità’ delle donne ‘anche in assenza di una condizione di bisogno della stessa e a prescindere dal concreto accertamento dell’autonoma e incondizionata formazione del suo processo decisionale”, ha concluso.
maternità surrogata, immagine generica (pixabay)